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100 metri: quando un’ accelerazione è da considerarsi buona?

Published by redazione
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Si tende spesso a giudicare la partenza dai blocchi e la fase di accelerazione di alcuni velocisti, soprattutto nei 100 metri, limitandosi a giudicare cosa sia successo nei primissimi appoggi o, al massimo, ai 30 metri.

Ma cosa significa realmente avere una buona accelerazione in una gara di 100 metri?

Si valuta la bontà dell’accelerazione guardando la sola uscita dai blocchi, quando questa anche se importante rappresenta davvero una piccola parte dell’accelerazione stessa.

Dovremmo invece imparare a valutare l’accelerazione in funzione di un aspetto importante: il risultato finale, la vittoria dell’atleta, il tempo cronometrico.

Quali sono le fasi di uno sprint nei 100 metri?

I 100 metri possono essere scomposti in 4 fasi principali:

1) Reazione allo sparo e uscita dai blocchi, che determina la messa in moto dell’atleta;

2) Accelerazione, fase nella quale, una volta uscito dal blocco, l’atleta aumenta la propria velocità;

3) Velocità massima, in questa fase l’atleta mantiene la propria velocità massima raggiunta che non può incrementare ulteriormente

4) Decelerazione: la Vmax non può durare per sempre. I migliori velocisti riescono a mantenerla per più tempo riducendo notevolmente la loro fase di decelerazione ma anche i migliori decelerano. Semplicemente decelerano meno

Avendo rivisto le fasi principali in uno sprint sui 100, focalizziamoci ora sul valutare l’accelerazione.

Perché è importante la fase di accelerazione?

Quel che facciamo nella fase di accelerazione influisce notevolmente nell’efficacia della fase lanciata e nella successiva fase di decelerazione.

Sbagliando qualcosa in accelerazione, anche la velocità massima ne pagherà le conseguenze. L’obiettivo per ogni velocista dovrebbe essere quello di aumentare la propria fase accelerativa: i migliori sprinter accelerano fino ai 60 metri!

Vi faccio un esempio.

La fase accelerativa del record dei 100 metri di Bolt si conclude tra i 55 e i 65 metri, come si può vedere nell’immagine qui sotto.

Record dei 100 metri piani, split ogni 10 metri.

Allungare la fase accelerativa significa ridurre le fasi successive: Vmax (che ricordiamo è limitata e non può durare a lungo) e decelerazione (che spesso fa perdere l’atleta)

Se l’accelerazione si “ferma” a 30 metri l’atleta dovrà “sopravvivere” per 70 metri, con tutte le problematiche che ne possono conseguire.

Questo è il motivo per il quale, anche alle gare internazionali spesso non è l’atleta che esce dai blocchi più forte o è davanti ai 30 metri a vincere poi la gara.

Non fraintendetemi però, non sto dicendo che l’atleta deve essere lento ai 30 metri.

Non è proprio questo il punto.

Quello che intendo dire è che il 100 metrista, in base alle proprie abilità accelerative massimali dovrebbe imparare a “gestire” la propria accelerazione per “allungare questa fase”.

Non significa andare piano, ma accelerare in modo più progressivo.

Come dice sempre Alessando Vigo ai nostri corsi:

“Cerchiamo di avere accelerazioni lunghissime e graduali che ci portino il “più tardi possibile” alla corsa lanciata vera a propria”

Come analizzare un’accelerazione!

Come si nota nella tabella degli split nei 100 metri, tutti gli atleti presi in considerazione hanno avuto il miglior parziale nei 10mt tra i 50-60 metri o tra i 60-70 metri, con il vantaggio di ridurre notevolmente la loro fase di decelerazione finale.

Bolt addirittura, nel 2009, ha corso i 3 parziali di 10 metri tra i 50-80 metri più veloci di qualsiasi atleta.

Ad un occhio poco esperto poteva sembrare che Usain nel finale stesse accelerando rispetto agli altri atleti, in realtà gli altri atleti stavano iniziando a decelerare mentre lui manteneva la velocità.

Nelle telecronache Bolt è spesso stato giudicato come un partente “scarso”, ma credo che un atleta che passa in 6″30 (elettrico) ai 60 metri e 3″78 (elettrico) nei 30 metri è tutto tranne che un partente lento.

Probabilmente Bolt era in grado, in allenamento, di accelerazioni su 10-20-30 metri molto più veloci di quel 3″78. Ma riportarle in gara sarebbe stato forse controproducente.

Anche nella cronaca attuale dello sprint Italiano capita di trovare commenti sull’accelerazione di Filippo Tortu, ad oggi il nostro miglior velocista.

A mio avviso Filippo sa gestire al meglio questa fase delicata. Potrebbe “partire” più forte?

Probabilmente sì e probabilmente lo sa a anche fare.

Credo anche che sia migliorato notevolmente rispetto ad alcuni anni fa.

Quando passi da 10″30 a 9″97 la tua capacità accelerativa è migliorata per forza, visto che la fase lanciata e di Vmax è comunque funzione di questa prima fase.

I bias cognitivi quando guardiamo una gara di sprint

Ricordiamoci sempre, quando valutiamo una gara di sprint, di due Bias cognitivi del nostro cervello:

1. In TV, rispetto ad uno sprint dal vivo, gli atleti sembrano correre a velocità più ridotte da quelle reali. Inoltre vedendo quasi subito la fase di replay tendiamo a “normalizzare” prestazioni davvero straordinarie;

2. La nostra percezione dipende anche e soprattutto dal livello di competizione e dal livello degli atleti in gara.

Ricordo qualche anno fa di 800 ista da me allenato che era tornato ad allenarsi dopo 2 anni di stop totale e aveva deciso di gareggiare all’Arena di Milano nel doppio giro di pista.

Non avendo tempo cronometrico era finito in ultima serie, con atleti decisamente di livello più basso rispetto al suo.

Il ragazzo non aveva comunque nelle gambe un tempo per lui interessante, dato che era tornato ad allenarsi solo da pochi mesi.

Allo sparo l’atleta era partito, rispetto agli altri, decisamente forte e subito lo speaker vedendo la differenza con gli altri si era sbilanciato nel pronosticare uno stato di forma del ragazzo notevole e di stare attenti al tempo che poteva essere interessante: passaggio ai 400 in 1′ esatto e vittoria della serie di pochissimo con 2’12” (13″ sopra al personale).

Quale sarebbe stato il commento dello speaker se l’atleta avesse corso in 1° batteria con atleti che passano in 54″ e chiudono la gara in 1’50”?

Sicuramente non sarebbe nemmeno stato preso in considerazione.

La stessa cosa avviene quando vediamo uno sprint: se l’atleta da 10″10 corre con atleti da 10″80 tendiamo a giudicare la sua accelerazione come “bella”, se corre con atleti di livello simile al suo o più forti la giudicheremo come meno “bella”.

Magari poi quell’atleta ha vinto in entrambe le gare, che poi è quello che conta realmente.

Personalmente tra due atleti, uno che si trova davanti nei primi 30 metri e uno che sembra “accelerare peggio”, continuerò a considerare più bravo quello che vince!

redazione
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