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5 errori nell’allenamento della forza dello sprinter

Published by redazione
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Spesso quando si parla di allenamento della forza, anche per i saltatori e sprinter e quindi atleti che necessitano di sviluppare alti livelli di potenza e velocità, l'idea è ancora rivolta ad allenamenti in stile bodybuilding e all'idea che l'allenamento della forza è soltanto correlato ad un aumento di massa muscolare, riduzione del range articolare e utilizzo di serie ad esaurimento.

Questo è un approccio metodologicamente sbagliato nello sviluppo delle prestazioni di uno sprinter.

Ma gli errori nell'approccio dello sviluppo della forza sono molti e oggi ho intenzione di spiegarne 5 a mio avviso davvero importanti.

Errore N° 1. Lo squat è l'esercizio più importante per l'allenamento della forza nello sprinter.

Mi piace molto lo squat e lo reputo un ottimo esercizio multiarticolare per lo sviluppo della forza degli arti inferiori e che se allenato senza vincoli, quindi non al multipower (castello), aiuta a migliorare anche l'attivazione e il rinforzo del core, della stabilità e della mobilità dell'atleta.

Lo squat però può essere eseguito in vari modi: completo, sotto al parallelo, in 1/2 accosciata e in 1/4 squat.

Qual è la miglior variante di squat?

Dipende da cosa vogliamo ottenere.

Lo squat completo, quindi con i glutei che sfiorano le caviglie è molto utile per migliorare la forza generale e rinforzare anche tutta la muscolatura posteriore, i glutei e i femorali, oltre ai quadricipiti e alla muscolatura adduttoria.

E' inoltre un ottimo esercizio per migliorare la mobilità degli arti inferiori, ma risulta molto tecnico e se non si hanno grosse doti di mobilità potrebbe avere più svantaggi che vantaggi specie a carichi molto alti.

Tra le varianti parziali di squat quello sotto al parallelo è il più interessante in quanto non necessita dello sviluppo di una mobilità articolare estrema, permettendo in ogni caso comunque un rinforzo comunque completo della muscolatura.

Lo squat sotto il parallelo (indicato con "Squat PL" nell'immagine 1) è già più che sufficiente per far lavorare molto bene glutei, quadricipiti e femorali.

Immagine 1. Varianti di squat. Gentilmente concessa da Paolo Evangelista

Gli squat "parziali"

Gli squat sopra al parallelo (1/2 squat, 1/3 squat e 1/4 squat) sono ovviamente ottimi esercizi per lo sviluppo della forza ad angoli più specifici e per lo sviluppo della potenza, ma se eseguiti male possono dare delle problematiche ed inoltre sono esercitazioni che fanno intervenire quasi unicamente la muscolatura quadricipite.

Inoltre per ottenere un transfer sullo sviluppo di forza e potenza andrebbero poi utilizzati con carichi molto elevati.

Gli allenatori di powerlifting probabilmente storceranno il naso (e l'immagine 1 lo può confermare, visto il nome dato al 1/4 squat da Paolo Evangelsita nel suo libro DCSS) a vedere le versioni di squat sopra al parallelo, ma credo che questo dipenda dalle influenze che hanno dal loro sport.

Questo non significa che siano meglio alcune varianti rispetto ad altre, ma che va analizzato il contesto, il livello dell'atleta e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Sicuramente possiamo dire che squat parziali a carichi bassi non servono a nulla, se non a pensare che si sta facendo qualcosa.

Pensando a lungo termine, personalmente preferisco utilizzare le varianti di squat completo con i giovani e i principianti e man mano che i livelli di forza diventano interessanti iniziare ad aprire gli angoli facendoli diventare più specifici.

Nel video sotto vediamo il 1/4 squat eseguito da atleti della nazionale Cubana di salti, sotto l'attenta visione del Prof. Carlo Buzzichelli

 
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Il primo obiettivo in palestra dovrebbe essere costruire un fisico equilibrato

Un atleta, velocista o saltatore, necessita di uno sviluppo armonico di tutta la muscolatura sia di quella che interviene nell'azione specifica di gara (glutei, ischiocrurali e gastrocnemio sono i prime movers principali). In caso contrario potrebbero crearsi problemi di infortuni, ed eccessive masse muscolari in muscoli che sono importanti si per correre veloci ma in un ottica di costruzione completa (i quadricipiti sembrano avere un azione isometrica e di stabilizzazione nell'accelerazione).

Uno dei problemi più grossi che mi è capitato di vedere a questo proposito è nella pianificazione e programmazione dell'allenamento, con programmi di allenamento della forza che prevedono numerose varianti di squat in tutte le salse, portando nel tempo a questo problema.

Un allenamento della forza completo dovrebbe prevedere una costruzione armonica dell'atleta, meglio se a lungo termine, con l'utilizzo di esercizi che vadano a creare un rapporto ottimale tra forza di agonisti e antagonisti.

 

Immagine 2. Rapporto forza tra agonisti ed antagonsiti. Tratto e adattato da "Periodizzazione dell'allenamento sportivo"

Per fare l'esempio dello squat, che sviluppa molto la forza e l'ipertrofia dei quadricipiti, dovrebbe prevedere almeno lo stesso numero di serie e ripetizioni di un esercizio per lo sviluppo della forza degli antagonisti come ischiocrurali e glutei (ad esempio stacco da terra).

Alcuni autori oltreoceano indicano addirittura di dedicare 2 esercitazioni per la catena posteriore per ogni esercitazione per quella anteriore.

Ma questo per un atleta che non ha scompensi.

Un atleta che ha dedicato ha sviluppato in maniera eccessiva la muscolatura dei quadricipiti con l'utilizzo di squat in tutte le varianti è giusto che abbandoni per un periodo sufficientemente lungo questi esercizi e si dedichi a lavori per il rinforzo di muscoli molto importanti per la performance ma anche per la prevenzione infortuni.

Ricordiamo che la maggior parte degli infortuni negli sprinter avvengono agli ischiocrurali.

 

Errore N° 2. Non conoscere il buffer ed allenarsi sempre ad esaurimento.

Le pratiche di cedimento muscolare sono famose nel Bobyduilding in quanto sono importati per lo sviluppo dell'ipertrofia dell'atleta.

Il velocista o il saltatore però, che devono spostare velocemente o "lanciare" lontano il proprio corpo, necessitano di ottimale rapporto peso-potenza.

Con alcuni soggetti, soprattutto i più giovani, potrebbe essere previsto un periodo di sviluppo ipertrofico utile a creare adattamenti strutturali (rinforzo di tendini e legamenti) ma senza la volontà di uno sviluppo spropositato delle masse muscolari che tra l'altro comunque aumentano anche con un allenamento di forza non improntato all'ipertrofia, e senza l'obiettivo primario dell'estetica.

Pensa a stimolare il SNC più che il muscolo in se!

Un altro motivo che dovrebbe spingere a non esagerare con lavori ad esaurimento è il fatto che nel velocista o saltatore l'obiettivo primario è stimolare il SNC per far si che sia in grado di migliorare sia la sua coordinazione intramuscolare che intermuscolare migliorando nel tempo la capacità di esprimere forza in tempi brevi.

Per questo è necessario per noi allenatori conoscere il concetto di buffer, ovvero il differenziale tra il numero di ripetizioni che potrebbero essere eseguite ad esaurimento ed il numero di ripetizioni programmate.

E' un parametro molto importante nell'allenamento della forza per il miglioramento della performance e fondamentale se si vuole che l'allenamento successivo in pista non sia compromesso da un affaticamento eccessivo del SNC.

Ti faccio un esempio.

Cos'è il buffer nella pratica?

Se prendiamo un intensità del 85% con il quale un atleta di potenza solitamente esegue 5 reps ad esaurimento potremmo chiedere al nostro atleta di fare:

  • 5 reps ad esaurimento - Buffer = 0 (allenamento di forza assoluta e quindi ipertrofia)
  • 3 reps - Buffer = 5% (allenamento di forza relativa)
  • 2 reps - Buffer = 10% (allenamento di forza relativa e potenza)
  • 1 reps - Buffer = 15% (allenamento di forza relativa e potenza)

Con un allenamento ad esaurimento a carichi elevati, come in questo caso, alleneremo principalmente la forza assoluta (aumento di forza accompagnata anche da aumento di peso corporeo), e la forza relativa (solo in caso di tempi di recupero molto molto elevati).

Più il buffer sale e più lavoreremo su adattamenti verso la forza relativa (aumento forza senza aumento ipertrofico) e la potenza.

Modulare gli stimoli variando il buffer

Conoscendo così il concetto di buffer, ampiamente spiegato nel libro "Periodizzazione dell'allenamento sportivo" potremo decidere di variare lo stimolo allenante nel corso della stagione con 3 strategie:

  • mantenendo il carico aumentiamo le ripetizioni, con aumento il volume e riduzione del buffer e maggiori adattamenti strutturali del muscolo (hyp), ad esempio 3 x 6 @ 75% (buffer 5%) --> 3 x 8 @ 75% (buffer 0)
  • mantenendo lo stesso buffer incrementiamo l'intensità e quindi riduciamo le ripetizioni, ad esempio da 3 x 6 @ 75% (buffer 5%) --> 3 x 3 a 85% (buffer 5%). Questa è la strategia in caso di ricerca di adattamenti nella forza massima
  • mantenendo la stessa intensità riduciamo le ripetizioni andando ad aumentare il buffer, es: 3 x 6 @ 75% (buffer 5% --> 3 x 3 @ 75% (buffer 15%). In questo caso siamo passati da un allenamento di forza relativa ad un allenamento di potenza

Diventa quindi importante saper conoscere e gestire al meglio questo parametro per gli adattamenti voluti ed in ottica velocità e salti è molto importante nella fasi di sviluppo della potenza saperlo modulare al meglio.

Quando è fondamentale utilizzare il buffer?

Risulta molto importante aumentare il buffer nella fase agonistica, dove l'allenamento della forza e della potenza entra nella cosidetta "fase di mentenimento": in questo caso come vedremo nel 4° punto l'obiettivo è quello di mantenere i livelli di forza acquisiti durante il periodo preparatorio, ridurre la fatica residua, stimolare il SNC senza affaticarlo e aumentare così la readiness (prontezza alla performance)

Errore N° 3. Pensare di poter "trasformare la forza"

In Italia, purtroppo, è ancora molto in voga la pratica della "trasformazione della forza", ovvero il far seguire ad esercitazioni di forza (a volte ad esaurimento) altri esercizi dinamici sport specifici alla massima velocità (andature, sprint o balzi) con l'idea che la forza guadagnata vada subito trasformata nel gesto sport specifico.

Vi confesso che anche io, quando più di 10 anni fa ho iniziato ad allenare, ho provato queste metodiche, ma nonostante l'inesperienza, usandole con gli atleti e a volte sperimentandole su me stesso mi accorgevo che qualcosa non andava e che non mi piaceva proporre allenamenti di velocità con la muscolatura affaticata.

Aggiornandomi e studiando mi sono accorto poi che i miei dubbi erano corretti e che si trattava di una teoria ormai ampiamente superata, che nel 2020 dovrebbe essere bandita da ogni sala pesi, e spesso confusa con la PAP, metodica invece molto interessante ed utile ma completamente diversa.

Perchè è sbagliato il concetto di trasformazione della forza?

La forza, per svilupparsi, necessita di uno stimolo (allenamento) e un tempo di recupero sufficientemente adeguato (24-72h a seconda del tipo di allenamento).

3 ripetizioni al 90% di un esercizio non mi aumentano nell'immediato la forza, al massimo mi affaticano il SNC e la muscolatura, andrò quindi a fare un esercizio alla massima velocità come uno sprint con un affaticamento con il rischio di incappare in infortuni.

La forza e la potenza necessitano inoltre di un certo tempo (in settimane) per essere sviluppate.

Pensare di trasformare la forza in potenza da un esercizio all'altro è assolutamente utopistico.

Lo abbiamo accennato nel punto sopra, ma è giusto rimarcarlo.

La velocità, le capacità di salto e di potenza vanno allenate in stato di freschezza del SNC e muscolare, farlo dopo aver pre-affaticato l'organismo no ha alcun senso, soprattutto con velocisti, saltatori e lanciatori.

Quindi, non ha mai senso fare esercizi con i sovraccarichi intervallati da esercizi di potenza, sprint o esercitazioni più esplosive?

Diciamo che dipende cosa vogliamo ottenere dal punto di vista dell'allenamento della forza.

Esistono alcuni metodi che sfruttano il così detto Post Activation Potentation (PAP), come il metodo a contrasto o Complex Training che effettivamente sembrano dare buoni risultati sullo sviluppo della potenza.

In pratica si è visto che dopo una stimolazione del SNC con sovraccarichi o esercitazioni pliometriche (anche il traino pesante da questo effetto), dopo un corretto tempo di recupero (>3') si registra una riduzione dei tempi di sprint breve (10-30 metri, un miglioramento nelle capacità di salto e in generale un miglioramento della capacità di esprimere potenza)

Ma anche in questo caso, e ci tengo a rimarcarlo, non si tratta di trasformazione della forza, ma dello sfruttamento di un meccanismo chiamato PAP, spesso sfruttato anche nel pre-gara per massimizzare le prestazioni.

La PAP, della quale magari parleremo meglio in un prossimo articolo, però non va considerata un vero e proprio allenamento di forza ma uno stimolo nervoso che permette di massimizzare la performance dell'esercitazione successiva, solitamente più specifica.

Per ottenere questo effetto l'esercizio di "forza" dovrebbe coinvolgere gli stessi muscoli motori che saranno usati nel secondo esercizio, utilizzare range di movimento abbastanza specifici, essere eseguito con carichi medio-alti e buffer molto alti (quindi mai ad esaurimento) ed essere seguito, come detto sopra, da un recupero che permetta di massimizzare l'effetto della stimolazione (>3').

Inoltre, essendo un esercitazione volta a massimizzare il secondo esercizio va impostato con poche esercitazioni, spesso soltanto una e poche serie (2-3).

Questo non lo porta sicuramente ad essere considerato il metodo d'eccellenza per migliorare in modo equilibrato i livelli di forza dell'atleta.

Personalmente considero i metodi che sfruttano la PAP evoluti e indicati per atleti con alle spalle già alcuni anni di allenamento con i sovraccarichi.

Errore N° 4. Allenare la forza in inverno ed abbandonarla in estate

Altra pratica utilizzata molto sulle piste di atletica è quella di dedicare l'inverno all'allenamento della forza (durante la preparazione generale) per poi abbandonarla totalmente nel periodo estivo (periodo pre-competitivo e competitivo), pensando che siano sufficienti le sole esercitazioni pliometriche per mantenerla.

Questo porta ad alcune problematiche sia a medio termine che a lungo termine:

  • calo delle performance;
  • difficoltà nel raggiungimento del picco nella gara clou della stagione;
  • stallo della performance nelle stagioni successive e decadimento tecnico

Vediamoli nel dettaglio.

Calo della performance

I benefici di un aumento dei livelli di forza nei confronti del miglioramento delle prestazioni atletiche durano fino a quando gli adattamenti del SNC causati dall'allenamento sono mantenuti.

Se interrompiamo l'allenamento si va incontro al tanto temuto deallenamento, gli adattamenti ottenuti e gli effetti positivi svaniscono abbastanza velocemente, questo porta ad una riduzione delle performance poi in gara.

Difficoltà nel raggiungimento del picco nella gara clou della stagione

Il lavoro di forza influisce positivamente sul raggiungimento del picco di forma nella gara clou negli sport di potenza.

Capita spesso che la migliore performance è ottenuta proprio nella prima gara della fase competitiva, poco dopo aver interrotto l'allenamento di forza.

Togliere totalmente l'allenamento della forza non permette un miglioramento successivo delle performance.

Stallo della performance nelle stagioni successive e decadimento tecnico

A lungo termine, se l'obiettivo è quello di portare l'atleta a migliorarsi in più stagioni, è controproduttivo eliminare l'allenamento della forza nel periodi competitivo, in quanto all'inizio della preparazione successiva probabilmente si troverà ad un livello di forza molto simile a quello dell'inizio preparazione della stagione appena trascorsa.

Questo porta ad uno stallo a lungo termine che non permette di avere una crescita costante delle abilità biomotorie dell'atleta.

Inoltre vi è anche un aspetto tecnico da considerare.

Spesso nelle esercitazioni di forza di un atleta che non sia un powerlifting (che deve cercare una tecnica perfetta) va trovato un compromesso tra una buona tecnica esecutiva, che permetta di massimizzare il reclutamento muscolare, di eseguire l'esercitazioni in sicurezza evitando infortuni inutili  e il tempo a disposizione.

Lo sprinter infatti dovrebbe dedicare tempo a migliorare la tecnica di corsa più che la tecnica esecutiva di uno squat.

Va ricercata quindi una tecnica esecutiva corretta che eviti infortuni e massimizzi gli adattamenti allenamenti.

Se però noi interrompiamo per svariati mesi l'allenamento di forza e quindi l'esecuzione di certi esercizi quando torneremo in sala pesi la stagione successiva probabilmente dovremo ricominciare da capo il processo di apprendimento, vanificando ancora una volta il lavoro fatto la stagione successiva.

Per evitare questi effetti negativi, durante tutto il periodo competitivo andrebbero pianificate e programmate sessioni di mantenimento della forza con l'obiettivo di stimolare il SNC e mantenere le proprietà contrattili della muscolatura.

Come impostare il "mantenimento della forza"?

Le sedute di mantenimento avranno volumi ridotti rispetto a quelle dei cicli di preparazione per evitare di creare eccessivo affaticamento che potrebbe poi portare a ridurre le performance nei gesti specifici.

Errore N° 5. Allenare la forza sempre con gli stessi carichi

Nell'allenamento capita spesso di lasciarsi andare a seguire le mode del momento.

Una cosa che di tanto in tanto noi allenatori dovremmo invece fare è andare a rivederci i principi dell'allenamento, le linee guida che dovrebbero essere alla base di ogni buon programma di allenamento.

Uno dei più antichi tra questi principi è quello dell'aumento progressivo dei carichi.

E qui arriva una delle storie più antiche nel mondo della metodologia dell'allenamento

Si narra che il primo a sfruttare questo principio fu Milone di Crorone, discobolo dell'Antica Grecia che, per diventare più forte, da ragazzo si caricò un vitello sulle spalle. Con il crescere del vitello, Milone diventava sempre più forte, fino a diventare l'uomo più forte al mondo quando il vitello divenne toro adulto.

 

 

Immagine 3. Milone da Crotone, tratta da Deipnosofista

Per creare adattamenti strutturali e fisiologici ma anche psicologici, i carichi di allenamento andrebbero incrementati in modo progressivo nel tempo, intervallando fasi di salita dei carichi a fasi di "scarico" (per massimizzare l'adattamento ed evitare l'overtraining).

Molti allenatori utilizzano invece il metodo del "carico standard", forse impauriti, in modo del tutto ingiustificato, che i carichi troppo elevati possano essere dannosi per la performance e per la salute dell'atleta.

Non volendo entrare nel dettaglio sul discorso prevenzione infortuni, nel quale l'allenamento della forza ricopre un ruolo molto importante e ormai scientificamente provato, mi soffermerò sui benefici di un aumento dei carichi nel miglioramento performance e sul fatto che mantenere sempre lo stesso carico potrebbe far decrescere la prestazione nel corso della stagione.

Se un atleta durante il suo allenamento di forza esegue sempre 5 ripetizioni di squat con 100 kg avrà degli adattamenti allenanti all'inizio della preparazione, ma a lungo andare l'allenamento diventerà sempre meno allenante e nel corso della stagione sarà addirittura controproducente, perdendo in realtà tempo nella sala pesi.

Se come allenatori abbiamo paura a far salire il carico sul bilanciere allora forse avrebbe senso non perdere tempo in una sala pesi e dedicarci alle cose che pensiamo più utili e meno dannose.

Ricordiamoci però che le forze di picco al contatto col terreno nella fase di appoggio della corsa a bassa velocità si attestano intorno a 2-2,5 volte il peso corporeo e ad alte velocità possono raggiungere 4 o 5 volte il peso corporeo.

Lascio a voi il calcolo di quanto peso su un bilanciere dovremmo mettere per ottenere le stesse sollecitazioni!

 

Letture consigliate

A. Roncari, P. Evangelista, A Biasci, Project Exercise. Biomeccanica applicata la fitness e al bodybuilding. Vol. 2, Project Invictus

A. Blazevich, F. Nardello, A. Monte, Biomeccanica dello sport. Le basi. Come ottimizzare la prestazione, Calzetti & Mariucci

G. Legnani, G. Palmieri, I. Fassi, Introduzione alla biomeccanica dello sport, Città Studi Edizioni
 
P. Evangelista - DCSS. Power mechanics for power lifters, Sandro Ciccarelli Editore

T. Bompa, C. Buzzichelli - Periodizzazione dell'allenamento sportivo, Calzetti & Mariucci

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