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Il riscaldamento: una proposta pratica

Published by redazione
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La prima premessa che vorrei fare è che le nozioni contenute in questo articolo, nonostante siano il frutto di un’esperienza quasi decennale nel mondo dell’atletica e della pallavolo professionale, non sono supportate da una bibliografia scientifica ufficiale, ma solo il risultato di studi ed esperienze, personali ed altrui. Questo è il motivo per il quale l’articolo inizia con la parola “Personalmente”.

Il riscaldamento. Perchè farlo correttamente?

Personalmente vedo il riscaldamento come il mezzo per adempiere a due obiettivi:

  • Aumentare la prestazione che ci si prepara a svolgere.
  • Ridurre il rischio di infortuni.

Per spiegare come il riscaldamento possa migliorare la prestazione che ci si prepara a svolgere è necessario suddividere i muscoli in due categorie:

  • I muscoli motori, quelli cioè che producono il movimento.
  • I muscoli stabilizzatori, quelli cioè che controllano la direzione nella quale il movimento viene indirizzato.

Mentre la prima categoria di muscoli è in genere allenata con attenzione scrupolosa, la seconda categoria è spesso trascurata dato che questi muscoli non influenzano direttamente la prestazione. In verità, nel caso di atleti con stabilizzatori poco performanti potremmo trovarci di fronte a soggetti che sono potenzialmente molto forti (eccellono nei test di forza e forza esplosiva) ma che sembrano disperdere la loro forza durante i gesti specifici.

Una precisazione è d’obbligo, parlando di riscaldamento non viene preso in considerazione l’aspetto tecnico-specifico, che invece dovrebbe essere il primo aspetto esaminato in caso di atleti forti nei test generali ma sotto le aspettative in prestazioni specifiche.

Tornando a riferirci all’aspetto generale, succede che i muscoli stabilizzatori risultano spesso sotto attivati e che una loro attivazione prima dell’esecuzione di una competizione possa produrre un miglioramento della prestazione.

Un esempio può meglio chiarire ciò di cui si sta parlando.

Prendiamo il lancio, o meglio lo schema motorio del lancio. Esso si serve dello spostamento del peso da un piede all’altro e la conseguente rotazione del corpo che si crea, sviluppa forza veloce dalle anche alle spalle che accelera il braccio.

Dalla definizione si dovrebbe capire che la forza proveniente dai piedi viene trasmessa dai piedi alla mano attraverso anche, core e scapola.

Immaginiamo che uno di questi 3 siti chiave sia instabile, ciò probabilmente causerebbe una perdita di forza,o meglio la forza risulterebbe mal indirizzata, col risultato di una riduzione della prestazione.

Un altro esempio può essere dato dal valgismo del ginocchio durante la fase di stacco di un salto. In questa situazione parte della forza che dal piede dovrebbe arrivare al bacino verrebbe a disperdersi  su una componente frontale al ginocchio.

Questi esempi ci possono quindi aiutare a capire come la forza viene indirizzata attraverso il corpo e che i muscoli stabilizzatori giocano un ruolo fondamentale nella trasmissione delle forze.

In questo senso i gruppi muscolari che maggiormente provvedono alla stabilità sono:

  • Muscoli dell’anca (gruppo dei glutei e rotatori intrinseci dell’anca).
  • Muscoli del core (gruppo degli erettori spinali e gruppo degli addominali).
  • Muscoli della spalla (stabilizzatori della scapola e rotatori intrinseci della spalla).

Quando si allenano questi muscoli si deve sempre tenere presente che la loro funzione è quella di controllare il movimento e non di produrlo, per questo non devono e non possono essere allenati a grandi velocità.

In oltre l’allenamento funzionale, cioè l’allenamento “che funziona”, ci insegna che l’isolamento muscolare non ha alcun ruolo nello sviluppo della prestazione ma che da questo punto di vista i muscoli stabilizzatori sono un’eccezione. Infatti un loro isolamento è utile ad aumentare la funzione delle articolazioni da essi controllate e quindi la prestazione. Infatti, ad esempio, è risaputo che una scapola stabile è la chiave per aumentare la funzione di tutto l’arto superiore o che l’aumento della stabilità dell’anca migliori la funzione di tutto l’arto inferiore.

Continuando a riferirci alla prestazione, flessibilità e mobilità sono altri due aspetti da tenere in considerazione.

Una precisazione, flessibilità e mobilità non sono la stessa cosa. La flessibilità riguarda i muscoli e richiede mantenimento della tensione, la mobilità riguarda le articolazioni e richiede movimento.

In ogni caso ridotta flessibilità può ridurre la capacità di movimento.

In questo quadro le articolazioni che hanno bisogno di mobilità sono la caviglia, l’anca, la colonna toracica e la spalla.

Per quel che riguarda la flessibilità, in genere i muscoli che ne richiedono sono i flessori plantari della caviglia, i flessori delle anche, gli ischio crurali, gli adduttori e gli abduttori dell’anca. Riguardo agli arti superiori in genere le maggiori restrizioni muscolari sono a carico degli estensori di omero (quindi la flessione di spalla è il movimento più soggetto a limitazione).

Di conseguenza sono queste le aree che dovrebbero essere maggiormente sottoposte a d allungamento.

Ultimo aspetto riguarda la riduzione degli infortuni.

Quando ci si trova di fronte ad un muscolo infortunato in genere ci si trova di fronte ad un muscolo sovra-utilizzato. In questo senso ricercare il sinergico debole di quel muscolo e provvedere a suo rinforzo è la chiave della soluzione al problema.

Entrando un poco nel dettaglio, la maggior parte degli infortuni muscolari degli arti inferiori riguarda ischio-crurali, quadricipite (retto femorale) ed adduttori.

Nell’ordine:

  • il gluteo è il muscolo con il miglior leveraggio per l’estensione d’anca. Un gluteo poco performante causerà eccessivo affaticamento degli ischio-crurali e conseguente lesione;
  • l’ileo-psoas è il principale flessore d’anca. Una sua bassa performance causerà sovra-affaticamento e conseguente lesione al retto femorale.
  • E gli adduttori? Questo gruppo ad eccezione delle fibre posteriori del grande adduttore, contribuisce alla flessione d’anca e quindi la riduzione delle lesioni muscolari passa ancora una volta per un’adeguata performance dell’ileo-psoas.

Quindi la corretta attivazione di glutei ed ileo-psoas è fondamentale per limitare questo genere di infortuni muscolari.

Il riscaldamento. Una proposta pratica (con video)

Dopo aver chiarito quali sono gli aspetti che un riscaldamento deve affrontare possiamo passare alla strutturazione pratica di questa fase dell’allenamento o della competizione.

FOAM ROLLING

(per ridurre la densità muscolare). “Rollare” anche, muscoli della zona lombare (evitare questa zona in caso di problemi di schiena), colonna toracica. Il foam roller utilizza la pressione del corpo per ottenere un risultato simile al massaggio. Colonna cervicale a parte, in caso di bisogno, tutte le aree possono essere trattate con questo metodo.

STRETCHING STATICO.

Nonostante sia riconosciuto il fatto che lo stretching statico prolungato infici la prestazione di forza esplosiva, distretti quali adduttori, abduttori, o flessori delle anche possono essere ragionevolmente sottoposti ad allungamento statico.

ESERCITAZIONI PER I MUSCOLI STABILIZZATORI.

Come detto rotatori delle anche e glutei sono stabilizzatori dell’anca, muscoli del core sono stabilizzatori della colonna lombare, in fine muscoli delle scapole e rotatori intrinseci delle spalle sono stabilizzatori della spalla. queste aree dovrebbero essere sempre stimolate durante il riscaldamento con esercitazioni anche di isolamento. Se alla stimolazione di questi muscoli si aggiungono anche quella per l’ileo-psoas, la funzione stabilizzatrice coincide con quella di riduzione degli infortuni muscolari.

STRETCHING DINAMICO ED ESERCITAZIONI DI MOBILITA’.

Partendo da terra si eseguono esercitazioni di mobilità toracica. Successivamente si passa alla mobilizzazione della caviglia per poi passare ad affondi, affondi laterali, squat e stacchi monopodalici che richiedono mobilità e flessibilità dinamica. In genere questi vengono abbinati ad altre esercitazioni di flessibilità dinamica quali raccolte delle ginocchia al petto o allungamento dei quadricipiti in camminata. Al riguardo si deve chiarire che nel momento in cu si lavora in piedi ed ancor di più su una gamba, l’attività degli stabilizzatori viene richiesta massimizzata.

ANDATURE

Le andature in avanti pongono l’accento sui muscoli posteriori, mentre quelle indietro coinvolgono maggiormente i muscoli anteriori.

BALZI

Una nota di merito speciale va ai balzi, soprattutto per quel che riguarda le donne. Queste esercitazioni, quando eseguite correttamente, sembrano avere un forte impatto sulla riduzione delle lesioni ai legamenti del ginocchio, probabilmente a causa di un loro effetto ipertrofizzante sui legamenti appunto.

 

Per concludere

In fine è importante precisare che sono state fornite delle indicazioni generali per quel che riguarda il riscaldamento e che nonostante, in linea di massima, il protocollo proposto si adatti alla maggior parte delle discipline dell’atletica, anzi addirittura alla maggior parte delle discipline sportive, quello proposto è solo uno spunto che deve essere adattato e personalizzato per ogni atleta.

Di Fabrizio Vitali

Contatti: Tel 333483094 – Email: fabriv2002@yahoo.it

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