Ritengo che il test Conconi, un test da campo da sempre al centro di discussione nel mondo scientifico tanto da essere non ritenuto valido da autorevoli fonti, sia ancora molto affidabile e soprattutto pratico.
E' un test molto semplice.
Il test Conconi consiste nel fare una progressione e mettere in relazione
Nella teoria l’incremento di velocità deve essere costante (es. 0,2 Km/h ogni 30”).
Questo protocollo può essere eseguito solo usando un treadmill (tapis roulant elettrico)
Sul campo l’incremento sarà a percezione dell’atleta e mi piace illustrarlo come fosse ad incremento costante in relazione alla RPE (scala di Borg).
Il nostro step non sarà in funzione al tempo ma in funzione alla distanza (es. 100-200m).
Sapendo il tempo percorso sulla distanza nota, andremo a ricavare successivamente la velocità in m/sec o Km/h.
La prova generalmente si sviluppa su 3 km ma è preferibile tenere un finale aperto affinché la distribuzione della progressione sia più lineare e libera possibile, evitando accelerazioni brusche nel finale o stalli di velocità.
Il mio suggerimento è quello di gestire una prova tra i 3 ed i 5 km dove in questo range, ogni ipotetico step è valido per fermarsi una volta che abbiamo dato il massimo e non riusciamo più ad aumentare la velocità.
In sintesi il protocollo che consiglio di utilizzare per svolgere il test Conconi in pista sarà:
Con questo protocollo il test Conconi diventa molto pratico e anche la sua lettura ne migliora, evitando di vedere regressioni lineari che non deflettono praticamente mai.
Una volta costruito il grafico (immagine 1) si osserverà una prima parte rettilinea, una parte intermedia curva e infine l’ultima parte un platò.
Da questo grafico possiamo stimare SAN (Soglia Anaerobica) e VAM (Velocità Aerobica Massima),
La SAN si ottiene osservando a che velocità si ha la perdita di linearità, mentre la seconda si ottiene proseguendo la funzione lineare fino a farla intersecare con la FC Max; la risultante sull’asse della velocità ci darà il valore ricercato.
Il test è operatore dipendete, ovvero la determinazione dei valori di riferimento è a discrezionalità del professionista, e anche nel mondo scientifico nonostante questi limiti nell’oggettività di lettura, è riconosciuto un buon grado di affidabilità (non al 100%!)
All’atto pratico ci interessa capire più su che valori si attesta il nostro atleta, ma soprattutto come varia nel tempo in risposta alla nostra proposta allenante (valutazione comparativa), anche perché il concetto di soglia come valore assoluto è ormai abbondantemente superato.
Nell'immagine 2 è rappresentata è una sovrapposizione di due test di un mezzofondista di 16 anni: il 1° è in data 16/12/2016 mentre il 2° in data 27/1/2017. Possiamo osservare che l’atleta ha risposto molto bene ed è migliorato notevolmente.
Oltre a queste preziose informazioni il test ci permette di osservare tanti altri dati non meno importanti tra i quali:
Questo test, essendo incrementale, è un ottimo metodo per determinare la frequenza cardiaca massima dell’atleta.
Ovviamente la FC Max è un parametro che varia in funzione del periodo ma conoscerlo ci fa capire lo stato di “salute” dell’atleta e come si sta adattando al microciclo di lavoro.
Generalmente una FC Max alta è sinonimo di freschezza e recettività organica, mentre una difficoltà nel raggiungere valori alti può significare che siamo di fronte a uno stato di stanchezza.
“HRR60” rappresenta di quanto scende il cuore in 60”.
Per far sì che questo valore sia confrontabile, il recupero post test deve essere chiaramente riproducibile.
Più è alto questo differenziale più l’atleta recupera bene.
La "Finestra Cardiaca” è l’escursione della frequenza tra inizio e fine test.
Più questa forbice è ampia più il motore aerobico centrale è performante.
Qui di seguito due esempi di due atleti di cui il primo con un motore scadente e uno molto buono.