Immagine di copertina tratta da MEETING DE MONDEVILLE 2023 ©7EMESTUDIO.FR
Ogni fenomeno sociale relativo ad una novità o ad una moda segue una gaussiana ed un proprio ciclo di sviluppo per cui:
Capita così un po’ per tutto: per i colori nella moda, per l’utilizzo dei social, per l’accesso a strumenti innovativi di svago e di lavoro.
Normalmente ad ogni allargamento della diffusione di ognuna di queste categorie, corrisponde un più che direttamente proporzionale declassamento del prestigio dell’attività considerata.
Ma non per forza della sua utilità.
L’accesso ai Meeting internazionali all’estero in questo momento a mio parere sta vivendo sua fase “ETACS” o addirittura “GSM” se si vuole fare un parallelo con lo sviluppo della telefonia mobile anni 90: siamo insomma nella fase in cui chi ci va per la prima volta si gode un’attività che percepisce ancora esclusiva, ma proprio nel momento in cui sta diventando a portata di molti.
Di fatto roba da classe media: nuovo lusso per chi sentendosi gratificato nel fare qualcosa di “speciale”, sancisce di fatto la propria distanza da pionieri ed avanguardisti, per cui fare cose speciali è semplicemente normale.
La situazione è un po’ come recitava una vecchia pubblicità di spumante da supermercato che cercava di far coesistere fatturato ed una timida pretesa di esclusività: “per molti, ma non per tutti.”
I Meeting internazionali nel 2023 non sono ovviamente per tutti ma sono diventati per molti.
Anzi.
Con l’avvento del sistema del ranking i Meeting internazionali sono diventati di fatto la necessità di quasi tutti gli atleti che vogliono fare l’attività internazionale, ma senza doversi scontrare con lo scoglio dei minimi oggi davvero più che mai proibitivi.
Per questo motivo quest’anno si registra la più che giusta esplosione di esperienze di gara internazionali, che si allargano alla classe media degli atleti, tanto che diventa utile parlarne anche qui su IlCoach.net.
Molte delle considerazioni che seguono riguardano l’estero ma, per analogia e con un pantografo mentale che ne ridefinisce le proporzioni, possono essere riportare al rapporto che c’è tra una gara nazionale ed un campionato italiano, una gara provinciale ed una di buon livello, la gara nella nostra città e quella per cui è necessario fare un viaggio e magari dormire una notte fuori.
Tutte le volte insomma che facciamo un piccolo salto dal nostro stagno verso qualcosa di fuori stiamo andando verso quello che, almeno per noi, è “estero”.
Una delle cose belle dell’atletica è la sua “universalità”: la pista è uguale dappertutto e sui campi si parla un linguaggio comune.
Infatti, diversamente da altri sport, si può fare atletica anche ad altissimo livello pure restando in provincia.
Ma io credo che muoversi per vedere le cose da un’altra prospettiva sia sempre una cosa utile.
Premetto che con l’atletica internazionale dei VIP ho poco a che fare.
Soprattutto ho poco a che fare per quanto riguarda le esperienze dirette.
Innanzitutto non ne ho da atleta e, proprio per questo motivo, ho cercato di recuperare un po’ con la formazione.
Sono stato 2 volte in Australia, una a Cuba per un’internship, una in Svezia e, quando arrivava qualcosa di internazionale qui in Italia, ho sempre cercato di parteciparci.
Infine, da quando collaboro con IlCoach, ho cercato di inserire tutte le esperienze forestiere ed “esotiche” che mi sembravano di alto livello nei piani dei nostri corsi di formazione.
Questo non tanto perché a IlCoach non crediamo che in Italia non ci sia nulla di buon livello, ma piuttosto perché riteniamo siano più utili gli approcci che scalfiscono le nostre sicurezze rispetto a quelli che le confermano.
E poi diciamola tutta e siamo sinceri.
L’esotico ha sempre ha sempre un appeal in più, ha maggiore fascino e può essere “venduto” molto meglio.
Personalmente ho ottenuto due quarti livelli Iaaf presso la federazione australiana di atletica.
I corsi sono stati molto buoni e davvero non me ne lamento. Ma credo che avrebbero potuto essere stati altrettanto buoni anche se seguiti all’Acqua Acetosa o al CPO di Formia.
La struttura dei corsi però, per assurdo, faceva sì che persino le ore di viaggio (sommate) e i costi sarebbero stati molto simili sia per un corso in Italia che per uno in Australia che, oltretutto, ha un clima ed un panorama decisamente migliore di quello per esempio della Siberia.
Se come allenatori vi va di viaggiare le esperienze internazionali sono utili.
Questo non significa che troverete mucchi di persone in attesa di sapere quello che avete imparato altrove. Solo che in Australia siete un po’ più “interessanti” perché italiani e in Italia quello che portate da fuori è un po’ più interessante di quello che imparerete qui: anche questo può essere uno strumento per fare, un gradino dopo l’altro, esperienze sempre più importanti.
Tornando al punto.
Fino al 2016 la massima ambizione degli atleti che seguivo erano stati i campionati italiani assoluti e di categoria.
Per questo uscire per vedere le gare più importanti per me era quasi obbligatorio.
Da “quasi” addetto ai lavori, mi sono prestato come volontario nel 2010 per una decina di giorni ai Campionati Europei Outdoor di Barcellona e, per un periodo più breve, ai Campionati Europei Indoor di Belgrado nel 2017 .
Successivamente da allenatore ho seguito le mie atlete in 4 delle 8 occasioni in cui hanno vestito la maglia azzurra: dal mini triangolare U20 ad Ancona, all’Universiade di Napoli che, per ora, è l’unica manifestazione globale a cui ho assistito ma che, da manifestazione universitaria, presenta peculiarità evidenti rispetto all’attività dei PRO.
Per quanto riguarda i Meeting invece ho partecipato due volte al Galà dei Castelli a Bellinzona, una a Le Chaux De Fond, ad un bel meeting di prove multiple a Lustenau in Austria, sono stato due volte a Padova, 3 volte a Savona, ad un Eap Meeting a Malta, un paio di volte a Nembro, ad un paio di edizioni del meeting di Trieste e ad una del Meeting di Castiglione.
Delle due edizioni del Golden Gala che ho viste da spettatore, nell’ultima la mia compagna era coinvolta in maniera diretta dovendo gareggiare nella gara master.
Ovviamente la partecipazione di un’atleta master in una Diamond League è una cosa ben diversa rispetto a chi ci partecipa prendendo parte alla gara internazionale.
Ma per lo meno ho vissuto lo Stadio Dei Marmi dove gli atleti effettuano il riscaldamento, con lo stesso compito di chiunque accompagni un atleta che deve gareggiare: non rompere le scatole e non fare aumentare senza motivo la tensione di chi sa già che dovrà mettersi sui blocchi in uno stadio gigante e pieno di folla.
Per inciso Serena in quell’occasione era stata bravissima e la sua medaglia per la vittoria dei 100 master ( e credo anche l’emozione della gare) è stata esattamente uguale a quella ad esempio di Shericka Jackson, che con 21.91 si è vinta i 200 internazionali.
Da ultimo quest’anno, a 12 anni di distanza da un’antichissima trasferta a Magglingen nel 2011, ho vissuto da tecnico le prime due indoor internazionali: Valencia con i Campionati Del Mediterraneo U23 e Nantes per un Meeting Internazionale Bronze.
In questo escursus ho fatto riferimento all’atletica master.
Le gare master internazionali ovviamente sono molto diverse da quelle assolute, anche se certe considerazioni (fondamentalmente relative al viaggio e all’adattamento) riguardo alle trasferte valgono anche per queste manifestazioni di categoria.
E per tutte le manifestazioni di categoria che comunque sono diverse da quelle assolute.
Se è chiaro infatti che le gare master sono gare internazionali diverse da quelle assolute, può sembrarlo meno per le manifestazioni giovanili, dove magari si registrano prestazioni di livello decisamente assoluto, ma in contesti che sono comunque ben diversi da quelli dell’atletica dei professionisti.
Se è evidente che per un atleta i viaggi siano un elemento imprescindibile della propria attività bisogna chiedersi se oggi, nell’epoca di internet, sia davvero necessario viaggiare per imparare a fare l’allenatore?
Io credo di sì.
E lo dico da persona che sta investendo tempo e risorse nella formazione online, che credo che sia uno strumento che dà possibilità nuove, utilissime ed entusiasmanti, ma che pensa anche che il telematico debba essere sempre e comunque affiancato dall’esperienza diretta sul campo.
Viaggiare per me è necessario in riferimento a quella che è la mia idea personale di fare l’allenatore.
Secondo altre modalità probabilmente altrettanto valide è possibilissimo e può funzionare anche molto bene fare l’allenatore a distanza, sia per quanto riguarda le sedute di allenamento, che per quanto riguarda le competizioni.
Ma a me piace stare sul campo e, quel che è certo, è che un campo di riscaldamento prima di una competizione internazionale è un punto di osservazione privilegiatissimo per vedere cosa fanno gli atleti di alto livello quando si preparano ad una gara.
Se si vuole si impara tantissimo.
La nazionale per certi versi è un ambiente protetto.
Bene o male si tratta di una trasferta organizzata e cadenzata secondo gli standard ed i ritmi di un’istituzione che gestisce decine di trasferte ogni anno e che, proprio per questo motivo, sa anche farlo.
L’aneddotica riguardo alle incongruenze delle trasferte federali fiorisce e fiorirà sempre, ma a parte le critiche più, meno e magari talvolta parecchio o pochissimo motivate, occorre riconoscere che effettuare una trasferta con la nazionale generalmente è piuttosto semplice.
L’incognita per l’atleta magari sarà quella di non sapere chi sarà il proprio compagno di stanza, se il tecnico di riferimento o lo staff sanitario sono quelli meglio conosciuti o che più vanno a genio, ma tutto sommato si tratta sempre di una situazione comoda.
Come è giusto che sia.
Il viaggio per la gara in un meeting invece per certi versi è più un piccolo salto nel vuoto.
La differenza è un po’ quella tra il viaggio organizzato fatto con il tuo gruppo di amici e il viaggio “fai da te”.
Non ho ancora idea di come funzioni una Diamond, ma in un meeting di livello medio o medio alto non c’è una delegazione e tutti gli eventuali problemi te li devi risolvere da solo.
O meglio: l’organizzazione di solito cerca di aiutarti, ma sei tu che devi attivarti per chiedere quello che ti occorre.
Non solo
Ci sono altre differenze tra rappresentativa nazionale ( o qualunque rappresentativa) e altri meeting e le principali riguardano proprio il ruolo del tecnico.
La sintesi è che il tecnico personale in una rappresentativa rischia sempre di essere “un po’ in mezzo”.
Al momento non ho vissuto i due ruoli (se si eccettuano le rappresentative regionali come il Brixia Meeting nel quale mi è capitato di accompagnare gli atleti da tecnico “federale” con la Lombardia) ma credo sia utile parlarne perché questo è in ogni caso un aspetto che può potenzialmente diventare delicato.
Anche se è molto bello vedere il o la propria atleta in azzurro e questo per alcuni può portare ad un eccesso di protagonismo (quasi sempre in buonissima fede), occorre sempre ricordarsi che c’è una delegazione, un settore tecnico e un allenatore di specialità che dovrà occuparsi del “tuo” oltre che di altri atleti e che, per questi motivi, si sta assistendo alla manifestazione principalmente con il ruolo di spettatori.
E’ facile fare errori in questo senso e ne ho fatti anche io.
Ad ogni modo potrà capitare ( e in altri occasioni invece non sarà possibile) di poter assistere al riscaldamento e magari essere chiamati a dare le solite indicazioni come in una gara normale, ma questa è soltanto una delle possibilità.
L’eventualità di rimanere in tribuna e di non avere accesso all’area di riscaldamento è quella più probabile. L’importante, nel caso migliore in cui vi fornissero un pass, è comunque cercare di non essere invadenti: per rispetto del collega a cui in ogni caso ufficialmente è affidato il nostro atleta e, soprattutto, per non generare confusione in chi dovrà gareggiare.
Se si è tecnici con un minimo di esperienza si sa già che non esistono consigli dell’ultimo minuto (e tantomeno che siamo in grado di dare soltanto noi) tanto importanti da rivoluzionare in meglio il corso della gara.
Appena prima o durante una gara piuttosto sono molti di più i danni che possiamo fare!
Tanto vale quindi stare un passo indietro, pronti ad intervenire ma con molta calma solo e qualora sia richiesto e ritenuto utile principalmente dal nostro atleta che, per prima cosa, non deve essere disorientato.
Un atleta, ad esempio in un concorso, non può affrontare una gara non sapendo a chi deve rivolgersi!
Se per una volta quella persona non saremo noi non preoccupiamoci che non per forza l’atleta si sciupa, né si sciuperà il vostro rapporto se non è già poco solido o già sciupato.
Ad un meeting invece quelle due o tre parole di assistenza che si devono dare nel riscaldamento sono a nostro carico.
Le prime volte potremmo essere proprio noi intimiditi da un contesto più importante del solito.
Per questo occorre essere o quantomeno cercare di apparire il più tranquilli possibile.
Non solo.
Se da fuori darete l’idea di essere decentemente calmi, magari capiterà che ci sarà anche l’atleta “orfanello o orfanella” che vorrà che gli diate una partenza o un occhio durante un concorso.
Mettersi a disposizione degli atleti che si conoscono o che ci risultano “simpatici” può avere senso se ce la sentiamo e a sempre a patto di tenere un profilo basso.
Normalmente io cerco di essere collaborativo, ma anche di astenermi da ogni indicazione tecnica troppo specifica.
Anche in questo caso meglio stare indietro, meglio una parola in meno che una in più e, soprattutto, occorre avere rispetto per il ruolo e il lavoro del nostro collega allenatore che è rimasto a casa.
Che sia una gara in Italia o all’estero non ha senso che un atleta torni a casa con una rincorsa rivoluzionata, un gesto tecnico cambiato, perché lo “scienziato” di turno in un quarto d’ora ha deciso di donare il proprio sapere.
Questa cosa, che in generale non ha senso nemmeno a basso livello dove si possono trovare errori di impostazione grossolani, diventa assurda in contesti internazionali, dove ognuno sa già il fatto suo.
Il discorso non significa che non si devono dare gli spunti che in quel momento ritenete utili, ma significa ricordarsi che bisogna rispettare il percorso che un atleta ed un tecnico stanno facendo senza creare confusione.
In fondo, se una conclusione tecnica è davvero così importante e nessuno vi ha chiesto nulla, come e meglio di come ci siamo arrivati noi…prima o poi ci arriveranno anche loro!
L’Italia in fatto di meeting per ora non è davvero un granché.
I meeting di vero respiro internazionale stanno tutti sulle dita di una mano.
Però qualcosa c’è.
Qualche volta succede insomma che l’atletica internazionale ogni tanto si sposti e arrivi a casa nostra.
Il mio consiglio per gli allenatori è quello di cercare quanto più possibile le situazioni in cui è possibile cogliere spunti e cercare di farlo nella posizione più vicina al contesto che ci interessa.
Ad esempio, oltre alle esperienze che ho già citato, io ho fatto molto spesso il giudice di gara.
Non solo.
Se non siete giudici e vi interessano ad esempio il salti in estensione, serve sempre chi sa tirare la sabbia o, per quelli in elevazione, chi è capace di rimettere l’asticciola sui ritti nel salto con l’asta.
Dare una mano all’organizzazione è un ottimo modo per vivere una manifestazione dall’interno, perché per l’allenatore le gare di alto livello possono essere un’occasione per avere grandi spunti.
Per l’atleta invece le gare internazionali “italiane” sono una buona occasione per affrontare un ambiente competitivo senza dovere affrontare il viaggio.
In Italia o all’estero bisogna sempre comunque cercare di limitare le occasioni di stress inutili.
Man mano l’atleta diventa più esperto, diviene anche più facile che conosca i principali impianti in cui si svolgono le competizioni più importanti nazionali: le sedi tutto sommato ruotano e sono sempre quelle.
Una cosa fondamentale è “familiarizzare” con l’impianto dove dovrà gareggiare.
Una gara internazionale ( lo stesso discorso in scala lo si può fare per il primo campionato italiano) segue rituali leggermente diversi da quelli delle gare di minor livello.
Cose come l’area di riscaldamento, la call room, l’accesso al campo, situazioni legate alle riprese televisive, la possibilità di portarsi lo zaino in campo eccetera, sono tutte piccole cose banali che se non conosciute possono comportare dei problemi.
Stessa cosa riguarda la logistica.
Per questo motivo, se è possibile farlo, diventa sempre utile fare un giro al campo di gara nei giorni precedenti alla manifestazione.
Sono cose banali, ma sapere quanto dura effettivamente il tragitto dall’hotel al campo gara, sapere dove scaldarsi, dove è la call room, se occorre oppure no togliersi le chiodate per entrare in pista dopo il riscaldamento…Sapere dove sia il bagno…sono tutte cose che tolgono eventuali problemi e stress a chi dovrà gareggiare.
Se siete all’estero o comunque dormite fuori dovete mettere l’atleta nelle condizioni di riposare al meglio.
Qualcuno dorme solo con il proprio cuscino e per questo, se c’è spazio, può essere utile metterlo nel bagaglio.
Nessuno invece dorme bene se il vostro compagno di stanza russa rumorosamente.
Ai meeting internazionali o, in ogni caso quando devi dormire fuori, solitamente non sai con chi condividerai la stanza…I tappi per le orecchie possono essere il piccolo accessorio che permetterà al vostro atleta di gareggiare nel migliore dei modi.
Gareggiare ai meeting è un mestiere.
Per noi allenatori di club la cosa è strana.
Gli atleti professionisti si approcciano alle gare quasi come un impiegato che entra in ufficio.
O, se l’esempio esagerato, come un pompiere che sale su una scale per recuperarvi il gatto, un avvocato che affronta un’udienza o un medico che sta per eseguire un intervento a cui è ben preparato.
Di certo non con l’ansia dei dilettanti.
Del resto pensiamo al nostro pompiere, al medico e all’avvocato: con che stato d’animo staremmo a pensare al nostro animale, alla nostra salute e alla nostra causa se vedessimo un professionista di questo tipo che prova a caricarsi prima della performance caricandosi con mantra del tipo “dai che ce la puoi fare!”.
A rifletterci un attimo questa sarebbe semplicemente una scenetta da gag comica.
Gli atleti e gli allenatori non devono avere paura delle gare.
Se non allenate il campione olimpico difficilmente ci sarà una grande pressione mediatica sul vostro atleta.
Nel mondo i grandi nomi non sono tanti e gli atleti che “non possono perdere” sono veramente pochi e per periodi molto brevi.
In ogni caso, ogni tanto, perdono anche loro e non succede nulla.
Non succede nulla nemmeno se perderà il vostro atleta che magari è “famoso” ma solo nel cortiletto delle gare giovanili in Italia e che, all’estero, potrà divertirsi per i diversi modi in cui sentirà storpiare il proprio nome.
Le competizioni, istituzionali e non, non sono più tutte uguali.
Il sistema dei ranking ormai ha preso piede e, insieme al primato personale, definisce il livello di un atleta secondo il suo piazzamento.
Conoscere le regole del gioco è sempre fondamentale.
Se allenate almeno un atleta che supera i canonici 1000 punti fidal tabellari ( che per World Athletics diventano qualcosa in più) è giusto che vi studiate come funziona il sistema del ranking.
Per chi si occupa di pista fondamentalmente i punti fondamentali sono questi.
Il livello di un atleta nel ranking è dato dalla media del punteggio ottenuto in 5 competizioni rispetto all’arco di tempo considerato.
Il ranking è aggiornato di settimana in settimana. Puoi trovare il ranking qui
La prestazione non è valutata semplicemente in sé ma anche secondo una serie di parametri.
Alcuni riguardano le condizioni della gara ( ad esempio il vento a favore o contro rilevato dall’anemometro) ed altre riguardano il livello della gara.
Quest’ultimo è di gran lunga il parametro significativo: il bonus punti dato dal piazzamento ridefinisce il valore di una prestazione.
Le gare regionali o anche nazionali che non sono inquadrate in un alto livello della gerarchia delle competizioni (le F per intenderci) per gli atleti di alto livello assumono il ruolo di poco più che allenamenti cronometrati.
O meglio servono, ma portano pochi punti.
Sono necessarie piuttosto per poter entrare nelle gare giuste.
Di fatto le gare iniziano a contare qualcosa dalla categoria D in poi, dove un buon piazzamento può regalare un bel gruzzolo di punti.
Ogni nazione sceglie una manifestazione ( di fatto il campionato nazionale assoluto all’aperto) che viene inquadrata come “B” e, giusto per dare un’idea, premia il podio con 100 punti al primo classificato, 80 al secondo e 70 al terzo.
I campionati nazionali al coperto assoluti sono identificati semplicemente come gara D.
La vittoria ad un campionato nazionale assoluto indoor è premiata con 40 punti e cioè esattamente come l’ottavo posto al campionato italiano all’aperto.
Tutte le manifestazioni nazionali giovanili fino agli U23 sono “F”: esattamente come la gara provinciale che fai sotto casa.
Per avere un’idea del valore di questi punti premio possiamo considerare che 20 punti sono circa 10 cm in un salto in lungo, 4 centesimi in un 60 metri, più di 60 centesimi in un 400 metri e circa 35 cm in un getto del peso.
Di fatto un’enormità.
In certa manifestazioni fare il record italiano di alcune specialità non è sufficiente per ottenere il minimo.
Fare 5 volte ottime prestazioni con buoni piazzamenti nelle gare giuste invece sì.
Se non volete essere ricordati come gli allenatori che festeggiano da casa un record italiano durante un’Olimpiade o un mondiale studiatevi bene come funziona il ranking!
Magari non sono Marco Polo, né sono affetto dalla sindrome che in inglese si chiama “wonderlust”, ma di sicuro mi piace viaggiare.
Muovermi per le gare per me non è mai stato un peso, né Italia né all’estero e, anche per questo, sostengo che un allenatore faccia bene a viaggiare.
Non dubito però che ci siano allenatori che senza spostarsi dal proprio campetto hanno ottenuto con i loro atleti soddisfazioni maggiori delle mie.
Questo però non vale per gli atleti che sono davvero obbligati a muoversi.
Di fatto in fin dei conti, la persona che deve davvero andare ad una gara è l’atleta e, anche il tecnico, è un accompagnatore eventuale.
Più è alto il livello dell’atleta, maggiore è il numero delle persone che lo seguono nei suoi spostamenti.
Ma l’atleta deve imparare ad arrangiarsi.
Se siete allenatori che vogliono imparare a gestire le trasferte internazionali dei propri atleti…qualche volta li dovete lasciare da soli.
Il rischio, dopotutto, è che da soli facciano una grande gara!