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Pallavolo: come migliorare le capacità di salto

Published by redazione
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Il seguente articolo è tratto dalla Tesi di Laurea in Scienze e tecniche dell’Attività Sportiva di Riccardo Serra dal titolo “Dall’Atletica Leggera alla Pallavolo: Protocollo di lavoro per il miglioramento della performance specifica di salto”, che potete scaricare in formato PDF al seguente LINK

 

Dall’Atletica alla Pallavolo: come migliorare la performance specifica di salto

INTRODUZIONE

Venendo dal mondo dell’atletica, fin da quando ero piccolo, ho sempre sentito dire: “questo non ha piedi”, “quello ha due bellissimi piedi”, oppure ancora “ha due panettoni al posto dei piedi”. Eppure a me, dodicenne, guardandomi intorno sembrava che tutti i ragazzini avessero i piedi al loro posto e sicuramente non erano dei panettoni. Ancor meno potevo giudicare la bellezza di un piede dato che indossavamo tutti scarpette da ginnastica.

Col tempo poi ho capito cosa intendessero veramente quelle persone. Chi “aveva i piedi” era chi i piedi li usava effettivamente per correre, mentre chi “aveva i panettoni” era qualcuno che invece usava i piedi semplicemente per non cadere a terra, un sostegno antigravitazionale.

Ma cosa significa “usare i piedi”?

Usare i piedi, comprende il saper gestire molteplici capacità (propriocezione, reattività, forza, mobilità articolare,…) ma, a mio parere, può essere semplicemente visto e spiegato, come la capacità di saper sfruttare la leva del piede, in un tempo ragionevolmente breve. Quanto breve dipenderà da situazione a situazione, e da sport a sport. Nel mondo dell’atletica leggera, questa qualità è tenuta molto in considerazione, perché è il piede che poggia a terra e crea l’impulso per generare poi il gesto che si andrà a compiere, qualunque disciplina si pratichi. Pertanto, sono stati studiati e ideati, numerosi esercizi ed esercitazioni volti a migliorare tale aspetto.

Durante la mia carriera, sia da atleta che da allenatore, ho avuto la fortuna di poter collaborare con bravissimi tecnici facenti parte degli staff regionali e nazionali. Inoltre partecipando a diversi convegni, c’è stata la possibilità di confrontarsi con altri esperti provenienti dal altre realtà e di osservare l’atletica e l’atleta, sotto vari punti di vista.

La condivisione sta alla base del progresso.

Osservando molte partite o incontri, sia in televisione che dal vivo, ho potuto notare che questo aspetto in altri sport, specialmente negli sport di squadra, è tenuto meno in considerazione. Ho quindi pensato di provare a portare un po’ di atletica altrove, per verificare se ciò che curiamo tanto noi, non possa servire anche ad altri. In questo caso, grazie alla collaborazione della Scuola di Pallavolo Anderlini di Modena, ho inserito pillole di atletica leggera negli allenamenti di una squadra di pallavolo U19.

STATO DELL’ARTE

La pallavolo, è uno sport che negli anni ha raggiunto un tasso tecnico, atletico e mediatico elevatissimo a livello globale. Questo ha fatto si che scienziati dello sport di tutto il mondo, conducessero studi e ricerche con l’intento di capire e migliorare questo gioco.

La totalità dei testi indica lo Squat Jump (SJ), il Countermovement Jump (CMJ) e il Drop Jump (DJ), come i più indicativi per la valutazione della forza esplosiva, la forza esplosivo-elastica e la forza reattivo-esplosivo-elastica (Bobbert, 1990) (Markwick et. all, 2014) (Gehri et. all, 1998). Per gli sport di squadra, altri test di valutazione tenuti molto in considerazione dalla letteratura, sono i cosiddetti “Agility Test”, test di sprint su brevi distanze con cambi di direzione. I più accreditati per questa categoria sono il “T-test” e “Illinois Test” (Turner, 2011) (Miller et. all,

2006) Di studi specifici sulla pallavolo ed i suoi gesti, come già detto, la letterature ne è colma.

Il Muro

Citando quanto viene detto a proposito del muro da Lobietti (Lobietti 2007):

L’efficienza del muro è importantissima ai fini del risultato delle partite di pallavolo in quanto:

  • permette di realizzare punti diretti;
  • favorisce il lavoro della difesa “smorzando” e controllando gli attacchi avversari;
  • provoca l’errore d’attacco avversario chiudendo all’attaccante i colpi forti e preferiti;
  • riduce l’area di campo da difendere a terra quando esiste una buona correlazione “murodifesa”.

Tre sono le componenti fondamentali per l’effettuazione di un muro efficace:

  • presupposti di carattere attentivo e cognitivo sono la capacità di osservazione della ricezione avversaria, la lettura della gestualità del palleggiatore e l’osservazione dell’attaccante;
  • da un punto di vista biomeccanico i punti chiave sono la velocità di spostamento laterale, la frontalità a rete e la verticalità del salto, l’elevazione, la penetrazione delle braccia oltre la rete e la manualità per controllare il piano di rimbalzo così creato oltre la rete;
  • il parametro coordinativo determinante che unisce i due precedenti aspetti è la scelta del tempo di salto.

La Tecnica

Scopo del muro, è intercettare l’attacco avversario e respingerlo nel campo opposto al fine di ottenere il punto diretto (“muro attivo”), ma anche di deviare la palla in alto o indietro nel proprio campo in modo tale da favorire l’intervento della difesa, chiamato “muro passivo”. Il muro “attivo” (Stuff Block) è la tecnica di muro più aggressiva, va eseguito oltre la rete e ponendo le mani il più vicino possibile alla palla. In particolare per alzate basse o a filo di rete, l’atleta deve essere abile a piazzare le sue mani e “chiudere” la parte superiore della palla coprendola. Si deve penetrare oltre la rete il più possibile e rimanere al di la di essa sempre il più possibile.

L’obiettivo delle braccia a muro è quello di “andare incontro alla palla” e di “murarla” prima che passi la rete. Il muro “passivo”(Soft Block) invece è usato quando l’attaccante avversario possiede un vantaggio notevole sul giocatore a muro, e quando si è in ritardo. L’obiettivo di questa tecnica è quello di smorzare gli attacchi avversari e permettere alla difesa di eseguire il contrattacco.

Eseguendo un muro passivo, i palmi delle mani devono entrambi essere paralleli al nastro della rete e un po’ piegati all’indietro con i polsi rilassati. Il muro passivo ha diverse applicazioni, ad esempio è utilizzato per coprire parte del campo da un attacco eseguito con una specifica angolazione oppure per toccare la palla e rallentarne la velocità in modo tale da poter eseguire il contrattacco. Un’altra funzione importante del muro è coprire alcune aree del campo influenzando la direzione dell’attacco avversario, riducendo così l’area di campo che la propria difesa deve coprire.

Gli Spostamenti

  • Passo accostato: dalla posizione di partenza ci si sposta lateralmente mantenendo le spalle parallele alla rete, effettuando così un’abduzione della gamba in direzione dello spostamento, cui segue la seconda che si accosta alla prima. Risulta molto importante l’azione dei piedi ed in particolare per la successione tallone- pianta- punta e l’orientamento perpendicolare a rete di entrambi i piedi al momento del salto. Le braccia, pur rimanendo flesse e con le dita rivolte verso l’alto, accompagnano lo spostamento con uno slancio per basso-dietro e si estendono durante il salto;
  • Passo incrociato: la prima gamba a muoversi è quella opposta alla direzione dello spostamento (la destra per andare a sinistra) che “incrocia” l’altra passandole davanti. L’appoggio del piede avviene con un orientamento di 45° rispetto alla rete, in modo da favorire il richiamo della seconda gamba vicino alla rete. L’appoggio a terra della seconda gamba dovrebbe “idealmente” essere perpendicolare alla rete in modo da recuperare la frontalità, ma in realtà questo spesso non succede per cui la ricerca della posizione giusta avviene mediante l’azione del busto durante lo stacco e il salto. L’azione delle braccia è molto variabile: nelle descrizioni degli allenatori, dovrebbero effettuare uno slancio per basso-dietro a gomiti flessi e mani in flessione dorsale, in modo tale da non allontanarsi e favorire la penetrazione oltre la rete nel salto; in realtà spesso i giocatori
    slanciano le braccia estese come nella rincorsa d’attacco e poi le avvicinano a rete accompagnando
    la torsione del busto;
  • Due passi accostati: il giocatore si muove con lo stesso piede nella direzione di spostamento, richiama la seconda gamba, apre di nuovo con la prima, accosta la seconda e infine salta in modo da avere sempre frontalità all’attaccante e alla rete;
  • Passo accostato-incrociato: è una tecnica considerata caratteristica dei centrali nello spostamento verso l’ala, ma spesso anche dalle ali nello spostamento verso l’asta che delimita lateralmente lo spazio di rete utilizzabile. L’appoggio a terra del primo piede (l’apertura laterale) avviene ad una distanza da rete, nella direzione dello spostamento che permette alla seconda gamba di avere più spazio a disposizione per incrociare. L’appoggio di questa a terra avviene (sempre secondo l’ideale descrizione degli allenatori) con un orientamento di 45 gradi rispetto alla rete in modo da favorire il richiamo della prima gamba il più vicino possibile a rete e il recupero della frontalità. Si ha in questo tipo di spostamento una notevole perdita di frontalità, che viene compensata da un’anticipata torsione del busto al momento dell’appoggio del secondo piede durante lo stacco e il salto. Il contromovimento delle braccia è più ampio (data anche la maggiore distanza dello spostamento) e
    dovrebbe comunque essere effettuato, come nello spostamento semplice, a braccia flesse con le dita sempre rivolte verso l’alto;
  • Accostato- incrociato-accostato: è lo spostamento che nel settore femminile si utilizza più frequentemente per la rapidità di spostamento. È il tipico spostamento della centrale verso le ali. L’apertura laterale della prima gamba (la stessa della direzione di spostamento) avviene leggermente staccata da rete in modo da favorire l’“incrocio” della seconda gamba, segue poi un balzo laterale e il salto verticale. Questa tecnica favorisce un maggiore utilizzo delle capacità elastiche ed è anche per questo che trova maggiore applicazione tra le donne, dotate di minori capacità di forza massima. Lo slancio delle braccia è ampio ed è effettuato comunque a braccia flesse e dita rivolte verso l’alto. Tutti passi accostati: è quello spostamento che viene utilizzato nella maggior parte dei casi su una palla alta scontata, per cui i giocatori e le giocatrici, hanno tutto il tempo di mantenere frontalità all’avversario. Si verifica spesso nelle situazioni di muro a tre.
  • Corsa e salto: il giocatore si gira verso la direzione di spostamento, e di corsa, va ad effettuare un arresto e salto, dopo aver ruotato il busto verso la rete e slanciando le braccia in alto. Questa tipologia di spostamento è forse la meno efficace in termini di efficienza tecnico-tattica e presuppone un grosso controllo del movimento in quanto, spesso, il giocatore rischia di fare invasione (il regolamento vieta di toccare la rete) o di arrivare male orientato con le mani sopra la rete favorendo il “mani-fuori” avversario.

Il Salto

A volte si deve saltare per effettuare il muro direttamente dalla postura di partenza, altre volte si riesce ad essere in anticipo di fronte all’attaccante avversario e si effettua così un salto verticale sul posto; frequentemente il salto segue lo spostamento senza soluzione di continuità.

I movimenti per effettuare il salto, prevedono dapprima un contromovimento: si deve per prima cosa abbassare il peso del corpo portando in basso le braccia, piegare le ginocchia a circa 90° e flettendo le anche. Importante è la capacità di chiusura dell’angolo alla caviglia, la mobilità dell’articolazione tibio–tarsica. Durante questi movimenti di compressione l’atleta a muro deve tenere il busto eretto e gli occhi sulla palla. Salta poi verticalmente cercando di raggiungere la massima altezza. Dopo lo stacco, le braccia vengono estese e si protendono in avanti-alto con un angolo che permette di penetrare lo spazio aereo sopra la rete. Gli arti superiori non devono estendersi verticalmente sopra il capo per poi essere portati in avanti con un movimento verso il basso. Con questa tecnica si rischiano invasioni a rete o muri fuori tempo. Le braccia devono essere tenute tese e parallele fra loro con una distanza tra le stesse inferiore all’ampiezza della palla. Le dita devono essere aperte con i pollici che si tendono l’uno verso l’altro e i palmi leggermente rivolti verso il basso. In caso di muro d’ala, si deve tenere la mano esterna rivolta verso il centro del campo avversario in modo tale da indirizzare il piano di rimbalzo verso il centro del campo avversario. I polsi devono essere tenuti rigidi e pronti al contatto con la palla. Il grado della loro flessione dipende dal tipi di muro:

per un muro attivo, i polsi devono essere orientati leggermente verso il basso; per un muro passivo o di contenimento, i polsi devono essere flessi all’indietro per favorire il rimbalzo della palla verso l’alto. All’apice del salto, appena prima di entrare in contatto con la palla, si devono contrarre i muscoli delle spalle e dell’addome. Questa azione fornisce la stabilità necessaria a resistere all’impatto con la palla. Le gambe devono essere tenute tese e protese in avanti per controbilanciare l’azione del busto; portando avanti le ginocchia flesse, si abbasserebbero il bacino e le spalle, limitando di conseguenza l’altezza raggiungibile con gli arti superiori. Le mani devono essere poste nella posizione corretta e tenute bloccate; in questo caso la palla devierà nel modo e nell’angolo desiderato.

Strategie utilizzate

Analisi sulle percentuali di utilizzo delle varie tecniche di muro effettuata su giocatori e giocatrici di

serie A1 (Lobietti, Merni, 2006):

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 1

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 2

Osservando i dati relativi al settore maschile, si nota che i passi base (accostato ed incrociato), risultano i più utilizzati (32%) nella serie superiore, mentre il posizionamento anticipato e salto verticale avviene nel 16% dei casi.

Nella serie inferiore, invece, a fronte di un livello tecnico inferiore e una conseguente preferenza per le palle alte da parte dell’alzatore, l’utilizzo del salto verticale sale al 21%. Le tecniche comunque più utilizzate restano quelle di passo accostato ed incrociato.

Ricerche sugli spostamenti laterali

Saranno presentate solo quelle ricerche, o parti di esse, che interessano questo studio. Non saranno tenuti quindi in considerazione i parametri di reattività a stimoli visivi e/o acustici, né saranno considerati tempi e tecniche riguardanti tutto ciò che avviene prima degli ultimi due appoggi del salto.

Ricerca 1

Nel 1982 Cox, dopo alcuni studi sui tempi di reazione a stimoli visivi, decide di modificare, o meglio, ampliare la ricerca, inserendo anche il salto alla fine del gesto, andando ad analizzare le relazioni tra alcune variabili temporali del muro.

I soggetti ripresi erano giocatori di pallavolo esperti (livello universitario statunitense paragonabile alla nostra serie B): 3 uomini (Sog.A di 31 anni e 182.7 cm; Sog.B di 21 anni e 180.5 cm; Sog.C di 21 anni e 180 cm) e 3 donne (Sog.D di 20 anni e 183.3 cm; Sog.E di 19 anni e 180.3 cm; Sog.F di 19 anni e 179 cm). I due gruppi risultavano perciò omogenei per caratteristiche antropometriche e divisi equamente tra i due sessi.

Due cineprese da 16 mm alla frequenza di 100 Hz, sono state posizionate frontalmente alla rete nel campo opposto rispetto al giocatore, col focus centrato sulla posizione di salto in modo da permettere l’analisi in 2D degli spostamenti. Delle due cineprese, quella posizionata in zona 4 è deputata all’analisi degli spostamenti verso destra, e l’altra posizionata in zona 2, verso quelli di sinistra. Sul corpo di ogni soggetto, sono stati posti dei marker nei punti di repere articolari, in modo da poter essere facilmente individuati nei filmati. A partire dai marker che individuano le anche, il vertex della testa e delle spalle, è stato possibile calcolare il centro di gravità testa-tronco (HTCG) e il COM di tutto il corpo, secondo le indicazioni di Dempster e Johnson (Dempster, 1955; Johnson, 1977). La linea orizzontale di riferimento, viene predeterminata per ogni soggetto e per ogni direzione al 90% della media delle altezza raggiunte dal HTCG nei tre tipi di spostamento. Il 90% è stato scelto perchè si è verificato che, indipendentemente dal tipo di spostamento e dalla direzione, tale linea viene sempre superata.

I passi analizzati sono stati: lo slide step/passo accostato (SS), il cross- over/passo incrociato (CS) e il jab cross-over/accostato-incrociato (JC). Il soggetto posizionato al centro della rete alla distanza di circa 30 cm dalla rete in postura di partenza del muro rispondeva ad uno stimolo visivo costituito dalla mano di uno degli sperimentatori che indicava la direzione di spostamento. La posizione “target” di salto distava 270 cm da quella di partenza ed era stata segnata sul terreno con del nastro adesivo. Ogni soggetto è stato filmato tre volte per ogni tipo di spostamento e direzione ma per l’analisi si è selezionata solo la prova migliore di ciascuna tecnica. Il criterio scelto per questa selezione è stata la verticalità del salto in quanto considerato dagli allenatori come un aspetto determinante l’efficacia del muro. I dati raccolti sono stati elaborati attraverso il conteggio dei fotogrammi tra gli eventi individuati nei filmati. Sono state selezionate le prove migliori secondo il criterio scelto e calcolate le medie (riportati e rielaborati per quel che riguarda il tempo di contatto nelle tabelle 4 e 5) per ogni variabile dipendente individuata. Preliminarmente sono stati adottati test di normalità (analisi degli estremi residui) e di omogeneità di varianza (test di Bartlett) che non hanno permesso di rifiutare l’ipotesi di non differenza per tutte le variabili analizzate. Perciò

nonostante l’esiguo numero di soggetti (N=6) si è proceduto ad adottare l’analisi di varianza a 3 (tecniche) x 2 (direzione) x 2 (sesso) fattori con repliche come modello sperimentale. E’ stato scelto un livello α = 0.05 per tutti gli F-test.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 3

Durata di caricamento: dall’appoggio del piede esterno al massimo caricamento del COM

Durata spinta: dal massimo caricamento del COM al take-off

I tempi di contatto descritti sopra sono stati evidenziati, perchè nel nostro studio vengono descritti come un unico tempo. Dato che qui viene preso solo il tempo di contatto del piede esterno, nel passo accostato questo parametro corrisponderà al “TC piede perno” mentre nell’incrociato corrisponderà al “TC piede puntello”.

I risultati hanno permesso di affermare che esiste una relazione tra le variabili selezionate e le tecniche di spostamento laterale.

Il jab cross-over step è risultato essere la tecnica migliore: perciò il movimento è risultato essere più rapido (il tempo necessario all’atleta per raggiungere col centro di gravità del tronco la linea di riferimento è risultato significativamente minore a parità di distanza da percorrere) e queste differenze possono essere individuate nella fase di caricamento e di spinta. Cox e collaboratori hanno attribuito questo risultato alla dinamica di questo tipo di tecnica che prevede tre appoggi anziché due.

Inoltre era già noto dagli studi sul salto verticale che l’elevazione maggiore si ha in associazione col minore tempo di contatto: questo è composto dalla fase di caricamento e dalla fase di spinta che sono risultate significativamente più brevi nel caso del jab cross-over.

Ricerca 2

Nel 1989 degli autori coreani (Kwak C.S. et al., 1989) hanno analizzato l’utilizzo delle diverse tecniche di spostamento selezionando lo slide e il cross (in quanto passi base del muro) per confrontarne le componenti biomeccaniche nelle esecuzioni degli atleti coreani e confrontarne i parametri anche in relazione al sesso.

I soggetti in esame erano n° 10 uomini con 10 anni di esperienza pallavolistica e altezza media 183.6 cm e peso 77.9 Kg e 14 donne con 9.4 anni di carriera. di altezza media 174 cm e peso 67.3 Kg delle leghe professionistiche coreane.

Sono stati realizzati dei filmati in 2D con una cinepresa da 16 mm e una frequenza di acquisizione a 100 Hz posizionata a 30 m dalla rete l’utilizzo contemporaneo con una pedana di forza (AMTI) ha permesso l’analisi anche di parametri cinetici. I soggetti partivano dal centro della rete ad una distanza di 270 cm dalla pedana di forza posizionata in posto 2 vicino alla rete. Al segnale di via il soggetto si spostava lateralmente verso destra utilizzando una delle due tecniche selezionate e arrivato sulla piattaforma di forza effettuava il salto a muro. Per l’analisi dei dati fu scelta per ogni soggetto esclusivamente la prova più soddisfacente.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 4

Gli autori concludono che con l’utilizzo del cross over si impiega meno tempo e si effettua un minore contromovimento nella fase di preparazione al salto. Per quel che riguarda le velocità orizzontali espresse gli autori coreani giustificano le differenze riscontrate tra gli uomini e non tra le donne per il minor allenamento specifico delle donne nell’uso del passo incrociato. In conclusione gli autori coreani ipotizzano che il vantaggio temporale del passo incrociato sia dovuto al caricamento che porta le ginocchia ad essere già flesse al momento dello strike sulla pedana.

Ricerca 3

Nel 2005 al Congresso IASK di Rimini è stato presentato uno studio (Lobietti et al., 2005) cinematico delle tecniche di spostamento a muro. Sono state confrontate 4 tecniche di spostamento: il passo accostato (Slide) e l’incrociato (Cross) come tipici dei giocatori d’ala e la combinazione accostato-incrociato (Slide Cross) e doppio accostato (Double Slide) come caratteristici dei centrali.

I soggetti erano 6 giocatori (4 schiacciatori, 1 centrale, 1 palleggiatore) di serie B1 maschile (valori medi: età 25,1; statura 188 cm, 83,5 Kg).

In accordo con Tokuyama (Tokuyama et al., 2005) sono stati posizionati 16 markers (diametro 14 mm) nella pelvi e nelle gambe e al posto del COM (non calcolabile in mancanza di marker negli arti superiori e busto), è stata analizzata la cinematica del centro del bacino (MEDH). Due addizionali markers sono stati fissati alla rete (assumendo la verticalità del piano della rete) per poter calcolare l’orientamento tra la pelvi e la rete nelle diverse fasi del movimento: in tal modo è stato possibile per la prima volta indagare la frontalità a rete al momento dello stacco (aspetto particolarmente discusso tra gli allenatori). Ogni giocatore ha eseguito 4 prove per ogni tipo di spostamento in entrambe le direzioni. Agli atleti, che potevano iniziare lo spostamento senza reagire ad un segnale

di Start, è stata richiesta una “corretta” esecuzione del muro: questa consiste nel cercare di raggiungere la maggior elevazione, lunghezza dello spostamento e verticalità del salto e la frontalità rispetto alla rete. Per l’analisi dei dati cinematici è stata selezionata una sola prova per ogni giocatore per ogni tipo di tecnica e direzione di spostamento. Questa scelta è stata resa necessaria sia per l’elevato numero di vuoti (gaps) nella ricostruzione tridimensionale delle traiettorie dei markers dovute alle numerose occlusioni che si realizzano (soprattutto nel passo incrociato) durante

lo spostamento.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 5

Differenze significative sono state evidenziate dall’analisi con Test T per dati accoppiati (p<0,05): quando gli atleti si spostano verso sinistra col passo incrociato per entrambe le variabili realizzano migliori prestazioni. E’ stato spiegato tale risultato perchè nel muoversi verso sinistra i giocatori utilizzano la stessa coordinazione della rincorsa d’attacco (successione dei passi destro – sinistro).

Questo studio ha suggerito ai giocatori d’ala di utilizzare il passo incrociato nel muoversi verso l’esterno e l’accostato verso il centro della rete; ai centrali di utilizzare più frequentemente l’incrociato semplice o l’accostato-incrociato.

Ricerca 4

In seguito ad alcuni studi preliminari, tra cui quello presentato sopra, Lobietti con lo studio del 2007 cerca di superare i limiti riscontrati nelle precedenti esperienze. I soggetti dei quali sono state acquisite le prestazioni di muro e negli esercizi speciali nell’ambito di questa ricerca sono stati 10 giocatori partecipanti al campionato 2005/2006 di serie B1 maschile. Per l’analisi della biomeccanica del muro e degli esercizi speciali sono state poi effettuate in

successione le seguenti prove:

  1. Partendo da posizione di attesa (READ BLOCK) l’atleta reagisce nella direzione di spostamento indicata dall’allenatore tra le due possibili: verticale e verso Dx per la simulazione del muro in zona 2 e verticale e verso Sx nel caso del muro in zona 4. Per ogni tipo di muro sono state acquisite almeno 2 prove: accostato e salto verso DX e SX (2 + 2); incrociato e salto verso DX e SX (2 + 2); salto sul posto (2) in zona 2 e (2) in zona 4 (2 per ogni tipo di passo per un totale di 4+4).
  2. Esercizi speciali con bilanciere Kg 8: accostato e salto verso DX e verso SX (2+2); incrociato e salto verso DX e verso SX (2+2).
  3. Esercizi speciali con caduta dallo step: ricaduta + accostato verso DX o verso SX e salto (2+2); ricaduta + incrociato verso DX e verso SX e salto (2+2).

Il numero totale dei salti acquisiti ai fini di questa tesi è perciò risultato di 32 nei quali gli atleti hanno espresso il massimo impegno sia attentivo (la situazione di “sfida” che è creata nelle acquisizioni di simulazione del muro Read) che muscolare ( per raggiungere la massima elevazione e lunghezza dello spostamento).

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 6

La similarità dei tempi di contatto sia del piede perno e del piede puntello indica la stabilità degli automatismi coordinativi. Sulla base dei risultati delle ricerche sui tempi brevi di movimento di Lehmann (Weineck, 2001), il quale aveva mostrato che tali tempi dipendono da programmi motori a breve termine e quindi da fattori coordinativi, non dalle capacità di forza, gli autori affermano che l’allenamento per la riduzione dei tempi di contatto deve essere basato su esercizi di tipo coordinativo.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 7

Nello slide a destra entrambe le anche vengono flesse molto maggiormente che in tutti gli altri tipi di movimento. Si può spiegare questo con la capacità di utilizzo di una maggiore forza in questo movimento rispetto agli altri tipi di spostamento. Anche il tempo di applicazione della forza risulta maggiore (questa misurazione si basa sui tempi di contatto e non su misurazioni con pedana di forza) come mostra la maggiore durata del tempo di contatto del piede perno, proprio il destro, in questo tipo di movimento. I valori riscontrati a livello delle ginocchia (simili per tutti i tipi di muro considerati) indicano che per l’allenamento della muscolatura estensoria del ginocchio, sono da considerare valide per tutti i tipi di muro le considerazioni ed indicazioni della letteratura sull’allenamento del salto verticale.

Propongo di seguito una tabella riassuntiva dei tempi di contatto del piede perno e del piede puntello che sono stati riscontrati negli studi sin qui presentati.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 8

Mezzi e metodi per l’incremento dell’altezza di salto

Una componente fondamentale del gesto del muro e della pallavolo in generale è l’altezza del salto. La verticalità del salto non è un aspetto importante solo per il gioco della pallavolo, ma per un gran numero di sport di squadra e individuali. Sono numerose le ricerche in letteratura che cercano di trovare mezzi e metodi per il miglioramento

di questa capacità, ne saranno presentati di seguito alcuni.

Fonte 1

Gheri et. all 1998 sottoposero 28 studenti universitari (14 maschi e 14 femmine) a 12 settimane di allenamento per il miglioramento del salto verticale divisi in tre gruppi: uno di controllo, uno seguiva un allenamento con CMJ, e il terzo un allenamento con DJ. I test a cui sono stati sottoposti PRE e POST periodo di allenamento erano SJ, CMJ, DJ, tutti effettuati senza l’ausilio degli arti superiori.

Il programma di allenamento per entrambi i gruppo prevedeva due sessioni settimanali. Nelle prime de settimane gli atleti eseguivano 2 serie da 8 ripetizioni ciascuna per familiarizzare con il gesto, mentre nelle restanti 10 settimane le serie diventavano 4. Tra una ripetizione e l’altra il recupero era di 5 secondi, e 1 minuto tra le serie. L’altezza di caduta per il DJ era di 40cm.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 9

Per entrambi i gruppi si evidenziano miglioramenti significativi nel test SJ e CMJ, mentre per il DJ i miglioramenti sono significativi soltanto per il terzo gruppo. Per gli autori entrambi i gruppi hanno dato i risultati aspettati, e indicano i due metodi come equivalenti. La significatività del test DJ risultata solo per il terzo gruppo è giustificata dalla maggior specificità dell’allenamento.

L’allenamento con DJ viene consigliato agli allenatori di quegli sport di squadra (pallavolo, basket,..) dove l’altezza del salto è importante per la vicinanza tecnica col gesto del gioco e per per il maggior adattamento neuromuscolare indotto.

Fonte 2

Del Sal et.all 2005 in collaborazione con l’università di Urbino presentarono uno studio con l’obiettivo di indagare sugli effetti determinati da due differenti tipologie di allenamento: una condizionata da uno stimolo esterno (palla in movimento) che incide sulla velocità di realizzazione del gesto, l’altra che ricalca i principi dell’allenamento pliometrico (senza particolari stimoli esterni).

I soggetti in esame erano 11 pallavoliste (età 18.3 ±0.8, altezza 168.9±7.5, peso 60 ± 8.6) hanno partecipato volontariamente allo studio. Un gruppo eseguiva l’allenamento con la palla (G 1) e l’altro senza (G2 o di controllo). Al momento della raccolta dei dati tutti i soggetti praticavano regolarmente un’attività sportiva che consisteva in 3 allenamenti (tecnici) la settimana ed avevano appena concluso il periodo agonistico. Tutti i soggetti sono stati informati sul protocollo sperimentale e sull’obiettivo dello studio ed avevano preso familiarità con le procedure utilizzate. Per valutare la forza esplosiva dei muscoli estensori degli arti inferiori e la loro componente elastica

le atlete sono state sottoposte a test di salto quali SJ, CMJ, CMJas e un test per la determinazione della stiffness muscolare, RJ.

L’allenamento del gruppo 1 (G1) prevedeva serie di salti con caduta (25cm) e successivo rimbalzo e attacco del pallone lanciato verticalmente dall’operatore in modo tale da facilitare la massima velocità d’esecuzione da parte del soggetto. Il pallone veniva lanciato a due mani da sotto, in verticale a circa 60/70 cm sopra la rete; doveva essere alzato durante la fase di caduta dell’atleta per far trovare questi nella fase ascendente del salto quando il pallone iniziava quella discendente. Il pallone stimolava il giocatore a velocizzare lo stacco mantenendo la massima espressione di elevazione per poter concludere positivamente l’azione di attacco.

L’operatore si era precedentemente allenato nel lancio della palla in modo da acquisire una certa esperienza concretizzata in precisione e regolarità ed è stato lo stesso operatore per tutto lo studio. G1 (n° 6 atlete): eseguivano 3 allenamenti tecnici la settimana, nel primo e nel terzo venivano inserite le serie di salti. Le prime 3 sedute comprendevano 3 serie da 5 salti con attacco del pallone, in seguito le ripetizioni sono state portate a 6 sempre per 3 serie a seduta. G2 (n° 5 atlete): allenamento con lo stesso numero di salti nelle stesse condizioni (di fronte alla

rete) ma senza palla.

Riassumendo, i due gruppi hanno eseguito in media circa 36 salti la settimana per 5 settimane.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 10

Il G1 ha avuto un aumento statisticamente significativo nell’altezza dello SJ, ha aumentato la sua percentuale di fibre veloci riducendo la percentuale di elasticità muscolare; inoltre ha avuto un aumento, anche se non significativo, della stiffness muscolare. Nel complesso possiamo sostenere che questo tipo di allenamento ha portato miglioramenti della forza esplosiva nel G1 manifestato soprattutto nel miglioramento dell’altezza dello SJ che è espressione della capacità forza di esplosiva e reclutamento “istantaneo” delle fibre muscolari (FT). Una spiegazione di questo fenomeno sarebbe che una struttura più rigida, trasmettendo più rapidamente le tensioni, potrebbe contribuire a diminuire la durata della fase di transizione tra la fase eccentrica e quella concentrica

del movimento. Se analizziamo la percentuale media di variazione dei tempi di contatto nel Rebound test si nota chiaramente come, in seguito all’allenamento questa si sia ridotta nel G1 (- 2.33%).

Un altro fattore importante da considerare è che la rigidità muscolare in genere aumenta con l’aumentare della forza infatti, la relazione tra rigidità muscolare e forza risulterebbe fortemente dipendente da numero di unità motorie attive implicate nella contrazione stessa. Il G1 nel nostro caso ha ottenuto un aumento significativo della percentuale di FT (2.5%, p.<0.05) che confermerebbe questi dati. Nel complesso possiamo affermare che, l’allenamento con drop Jump controllati, dove è richiesto lo sviluppo di elevatissimi gradienti di forza estrinsecata ad altissima velocità, ha portato gli atleti del G1 a modificare alcune componenti meccanico muscolari ideali per la forza esplosiva mentre il G2 ha ottenuto normali adattamenti che si verificano in seguito ad un allenamento di questo tipo, che essendo minimo, non ha prodotto risultati apprezzabili. Possiamo sostenere dunque che il controllo dell’espressione di forza del soggetto, durante l’allenamento come in questo caso, ottiene come risultato l’ottimizzazione dell’allenamento.

Fonte 3

Miller et. all 2006 pubblicarono un articolo di ricerca con l’obiettivo di determinare sei settimane di allenamento pliometrico potesse o meno incidere sulle performance di agilità. 28 soggetti maschi e femmine di età compresa tea 20 e 30 anni, vennero assegnati casualmente a due gruppi omogenei: GRUPPO 1 di controllo e GRUPPO 2 che avrebbe seguito il programma di allenamento pliometrico Il gruppo 2 avrebbe seguito il programma di allenamento per 6 settimane per 2 volte alla settimana, senza svolgere nessun altro tipo di esercizio di forza per gli arti inferiori.

Il programma seguiva i principi di uno studio di Piper e Erdmann (1998), in cui le esercitazioni durante il periodo di allenamento andavano in crescendo di volume e intensità durante le prime 5 settimane, fino alla sesta in cui il lavoro diminuiva leggermente per cercare una supercompensazione in prossimità del Post-test.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 11

I test a cui furono sottoposti i soggetti furono: T-test, Illinois-test, e un Force Plate test che misura i tempi di contatto a terra nell’esecuzione di balzi avanti-dietro e destra-sinistra.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 12

Si nota dalla tabella che per il gruppo 2 che seguiva l’allenamento pliometrico, i miglioramenti dei test risultarono tutti significativi. Gli autori attribuiscono questi risultati al fatto che l’allenamento pliometrico induce migliori

adattamenti di tipo neuromuscolare che permette un miglior reclutamento motorio.

I miglioramenti nei tempi di contatto rilevati dalla pedana indicano anche un un aumento dei livelli

di forza. Pertanto viene consigliato un allenamento di questo tipo ad allenatori e atleti che praticano sport

dove velocità e cambi di direzione sono determinanti ai fini del risultato.

Fonte 4

Analizzando brevemente l’articolo di Piper e Erdman (1998) da cui prende spunto lo srudio di Miller per la preparazione del programma di allenamento. Viene detto che per stilare un programma di allenamento pliometrico servono 4 passi:

  1. elencare tutti gli allenamenti di tipo pliometrico che si intende proporre agli atleti;
  2. elencarli dal meno intenso (sistema anaerobico glicolitico) al più intenso (sistema ATP-Cp);
  3. in base alle risposte degli atleti riordinare gli esercizi;
  4. stilare il programma dividendo gli esercizi in 3 gruppi: BASSA – MEDIA – ALTA intensità, ricordando che a bassa intensità corrisponde alto volume e viceversa.

Fonte 5

Per il nostro studio mi sono invece basato su una classificazione degli esercizi pliometrici di Tudor Bompa (Bompa, Buzzichelli, 2015), che li divide in 5 livelli:

  • ESERCITAZIONI A BASSO IMPATTO (livello 4-5 Bompa) saltelli vari, andature tecniche, sprint, salti ostacoli bassi (<30cm), balzi su plinto, lungo da fermo
  • ESERCITAZIONI A MEDIO IMPATTO (livello 3 Bompa) balzi alternati brevi (tripli e quintupli), balzi tra ostacoli medi (30-60cm), squat jump senza sovraccarico
  • ESERCITAZIONI AD ALTO IMPATTO (livello 2 Bompa, solo esperti) squat jump con sovraccarico, balzi alternati e corsa balzata lunghi (decupli), balzi tra ostacoli alti (60-106cm)
  • SOLO PER ATLETI EVOLUTI (livello 1 Bompa) Depht jump: salto più in alto possibile cadendo da un box (ROM ammortizzazione ampio) Drop jump: caduta da altezza minore e rimbalzo più alto possibile cercando il minor tempo di contatto e deformazione degli angoli

SCOPO DELLA TESI

Alla luce di quanto osservato nella letteratura, risulta che non sia mai stato proposto nella pallavolo un allenamento di tipo pliometrico/coordinativo che prendesse spunto da elementi dell’atletica leggera, con lo scopo di migliorare la prestazione di un gesto tecnico specifico come il muro.

Lo scopo dunque di questa tesi è studiare quanto possa incidere sui parametri specifici del salto nella pallavolo, un allenamento che richiami alcuni esercizi propri dell’atletica leggera. In particolare per parametri specifici s’intende non solo l’altezza di salto raggiunta durante l’esecuzione del muro, ma anche la velocità di svolgimento di questo preceduto dal passo accostato e dal passo incrociato, che sono le tecniche di spostamento a muro più utilizzate.

In aggiunta, visto che il gruppo di controllo ha svolto allenamenti di forza esplosiva durante il periodo di somministrazione del programma lavoro al gruppo sperimentale, è stato possibile fare un confronto tra queste due tipologie di allenamento.

METODI

Strumenti

Optojump (Microgate, BZ, Italia), Per la misurazione delle altezze di tutti i salti, e del tempo di contatto per il DJ con una precisione di 0,001s.

Telecamera JVC GCPX10 (250Hz)

Utilizzata per filmare i test di salto. Le riprese erano tutte effettuate dal lato destro, che era quello della direzione degli spostamenti laterali per simulare i passi del muro.

Kinovea

Programma di analisi video, per la misurazione dei tempi di contatto degli appoggi del piede perno e piede puntello nei passi del muro, e per la misurazione degli angoli di massimo caricamento al ginocchio. Per individuare gli angoli erano stati applicati dei “marker” sulla gamba destra in corrispondenza del malleolo laterale, epicondilo femorale laterale, e grande trocantere.

Cronometro

Utilizzato per prendere i tempi sul T-test

Test T di Student

Per il calcolo della significatività dei miglioramenti tra il pre- e il post-test, è stato considerato p<0,05

Smallest Worthwhile Change (SWC).Valore che si ricava dalla formula SWC = SD*0,2 e che rappresenta la minima variazione di un valore tale per cui sia considerata significativa.

Soggetti

Lo studio è stato condotto su 23 ragazzi del settore giovanile della “Scuola di Pallavolo Anderlini”. I ragazzi divisi nelle due squadre Under 19 erano di età compresa tra i 16 e i 18 anni. La squadra A è stata utilizzata come gruppo di controllo, mentre la squadra B è stata sottoposta al programma di allenamento scelto per lo studio. I ragazzi del gruppo di controllo svolgevano 2 volte alla settimana un lavoro di forza che consisteva in lavori con percentuali di lavoro tra il 70%-80% del massimale che veniva controllati periodicamente con carichi non superiori all’85% per gli arti inferiori, e al 95% per quelli superiori. Gli esercizi di forza erano: panca piana, squat con bilanciere libero, trazioni alla sbarra/lat machine. Le metodiche di lavoro principalmente utilizzare erano: piramide ascendente, contrasto e lavori in super serie. I giocatori della Squadra B invece non si erano mai sottoposti ad allenamenti di forza di nessun tipo.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 13

Test

Sono stati effettuate due tipologie di test: test di agilità e test di salto. Prima di iniziare i test veri e propri gli atleti svolgevano un quarto d’ora di riscaldamento autonomamente, poi dopo una spiegazione della procedura dei test, procedevano con alcune prove per prendere familiarità con questi ultimi.

Test di Agilità

Come test di agilità è stato utilizzato il T-test, indicato in letteratura come uno dei più utilizzati per valutare la agilità in vari sport.

Il T-test prevede l’utilizzo di coni, in questo caso per problemi logistici non è stato possibile utilizzarli, i coni sono stati sostituiti da segnali con il nastro fatti sul terreno di gioco. Per questo motivo i risultati non sono in linea con quelli della letteratura, quindi non classificabili. Il tempo veniva fatto partire al momento in cui il piede posteriore si staccava dal suolo, e veniva fermato quando l’atleta superava il punto di arrivo. Si effettuavano 2 prove, e veniva tenuto il migliore dei due tempi.

Pallavolo e preparazione atletica. T Test

Test di Salto

Di questa tipologia sono stati fatti 4 test con Optojump, due più classici e generali, mentre due più specifici per il gesto del muro.

I due a carattere più generale sono stati il CMJas e il DJ. Entrambi i test sono stati svolti con l’ausilio delle braccia per andare a simulare il gesto del muro. Come altezza di caduta per il DJ è stato scelto 30cm dopo confronti con la letteratura (Bobbert, 1990) (Markwick et. all, 2014).

Gli altri due test consistevano nell’effettuare due tecniche di spostamento laterale all’interno dell’Optojump: il passo accostato e il passo incrociato, entrambi verso destra. Per eliminare ogni variabile gli atleti partivano da fermi volti perpendicolarmente alla direzione dello spostamento. Ogni prova preceduta da un movimento che potesse dare qualche vantaggio veniva annullata e ripetuta.

Countermovement Jump: consiste in un salto verticale partendo dalla posizione eretta, precedendo il salto con un contromovimento (ciclo stiramento-accorciamento muscolare) con piegamento delle ginocchia fino a circa 90°, mani ai fianchi. Una variante è il CMJas, che prevede le sempre un salto con contromovimento ma con le braccia libere;

Drop Jump: consiste in una caduta verso il basso da un’altezza predeterminata, con conseguente rimbalzo verso l’alto. Anche questo test può prevedere o meno l’ausilio degli arti superiori;

In tutti e quattro questi test si effettuavano 3 prove, e veniva tenuta in considerazione la migliore.

La migliore era determinata tenendo in considerazione solo il parametro dell’altezza di salto.

Prima di eseguire i test gli atleti provavano la corretta esecuzione degli esercizi fuori dall’Optojump, per prendere familiarità con i movimenti.

Protocollo di Lavoro

Per decidere gli esercizi da proporre agli atleti mi sono basato su uno studio di Bompa, che divide gli esercizi pliometrici in più livelli, dai più semplici e a basso impatto (livelli 4-5), ai più complessi e consigliati solo ad atleti esperti (livello 1).

L’allenamento pliometrico/coordinativo comprendeva esercitazioni facenti parte del livelli 4-5 della classificazione di Bompa data l’inesperienza dei ragazzi con la pliometria. Per indicare questo plyometric/coordinative training d’ora in poi sarà utilizzata la sigla “PCT45”

Lo studio è durato 8 settimane, da Marzo 2017 a Maggio 2017, in cui l’allenamento era svolto 2 volte alla settimana per una durata di 20 minuti circa. L’allenamento era suddiviso in due parti. La prima parte era dedicata alla propriocettività, fondamentale per sentire e conoscere dove si trovano il nostro corpo e il nostro baricentro rispetto

alla posizione dei piedi. La seconda parte era quella del vero e proprio allenamento pliometrico/coordinativo che viene presentata nella tabella 15 qui sotto.

Nelle prima settimana il tempo dedicato all’una e l’altra parte era equivalente, poi pian piano ci si è sempre più spostati a favorire le esercitazioni pliometriche/coordinative.

Gli esercizi di propriocettività erano molto semplici ma efficaci, e variavano di volta in volta per rendere meno monotona questa parte dell’allenamento:

  • circonduzioni del bacino;
  • spostare il peso dai talloni alle punte dei piedi, sollevandoli in modo alternato;
  • spostare il peso dai talloni alle punte dei piedi con le punte intra ed extra ruotate;
  • slanci sagittali in equilibrio su un arto;
  • camminate sui talloni, sulle punte dei piedi, rullate;

Le esercitazioni venivano eseguite dopo circa 15 minuti di un riscaldamento gestito dall’allenatore che comprendeva mobilita articolare e giochi con la palla. Negli esercizi delle prime settimane non sono indicate serie e ripetizioni perchè questi venivano ripetuti sino a quando non era raggiunta una tecnica esecutiva valutata sufficiente. In ogni caso le andature venivano ripetute da un minimo di 2 ad un massimo di 5 volte per tutta la lunghezza del campo da pallavolo.

Man mano che un esercizio veniva “assorbito” si passava ad uno di difficoltà maggiore.

RISULTATI

Prima dell’analisi dei risultati si voleva sottolineare che questo studio non intendeva fare un confronto tra due metodologie di allenamento, nè tanto meno prendersi la responsabilità di decidere se una fosse meglio dell’altra.

Tutti sappiamo quanto sia importante la forza per il successo nello sport e senza di essa non si potrebbero compiere le esercitazioni che sono state proposte in questo studio.

Come già detto per ogni test è stata valutata la significatività delle variazioni ottenute tramite il Test T di Student. Sono stati evidenziati con un asterisco (*) e considerati come significativi i miglioramenti con p<0,05, che fossero anche superiori come valore assoluto all’indice SWC.

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 18

Pallavolo e preparazione atletica. Tabella 17

Nel test di agilità i miglioramenti sono risultati significativi per entrambi i gruppi, seppure si nota un miglioramento più marcato per la Squadra B che passa da una media di 8”81 a 8”32, un miglioramento quindi di 0”48 (5,5%). La Squadra A invece passa da una media di 8”78 a 8”41, migliorando di 0”37 (4,2%).

Nel CMJ la Squadra A ottiene miglioramenti significativi, quantificati in 2,1cm (4,2%), mentre la Squadra B ottiene un miglioramento di 1,3cm (2,6%) che non risulta però significativo.

Per il DJ i miglioramenti nell’altezza del salto risultano significativi sia per il gruppo di controllo che per il gruppo che ha seguito il PCT45: 3,7cm (7,8%) e 4,4cm (94%) rispettivamente.

Osservando i invece i risultati del test sui tempi di contatto si può notare come la Squadra B abbia abbassato significativamente questa variabile, a differenza della Squadra A, nonostante anche in essa si possa notare un miglioramento generale del tempo di contatto medio.

Nei test di salto specifici invece la differenza tra i risultati delle due squadre è molto più marcata. Osservando solo i risultati dell’altezza dei salto si nota che entrambe le squadre hanno ottenuto miglioramenti significativi (la Squadra A solo sul passo incrociato), se però spostiamo l’attenzione sui tempi di contatto del piede perno e del piede puntello la differenza è enorme. Il tempo medio di contatto della Squadra B si è abbassato in certi casi del 15% risultando quindi significativo, mentre i tempi della Squadra A sono rimasti pressochè equivalenti, se non addirittura peggiorati in alcune situazioni.

Discussione

I miglioramenti di entrambe le squadre sul T-test sono risultati significativi. Purtroppo non sono state effettuate delle riprese, pertanto non è stato possibile determinare la strategia utilizzata dai ragazzi per ottenere questo differenziale rispetto al T1 (ampiezza del passo, frequenza, angoli di caricamento del ginocchio…). La Squadra B, che dal Pre-test risultava avere una media dei tempi superiore, dopo le 8 settimane ha ottenuto, seppur di qualche centesimo, un risultato medio inferiore a quello della Squadra A, denotando un miglioramento più marcato.

Sulla base di quanto osservato, e con i dati a disposizione, si può dire che entrambe le metodologie di allenamento siano efficaci per l’incremento di prestazioni di agilità, ma il PCT45 presenta possibilità di guadagno maggiori in termini di tempo.

Nei test di salto classici (CMJ e DJ) I dati ottenuti sono in linea con quanto ritrovato in letteratura

(Sattler et. al, 2012) (Stanganelli et. al, 2008).

Confrontando però i gruppi, i dati statistici sono contraddittori. Infatti nel CMJas la Squadra A ottiene miglioramenti significativi, mentre la Squadra B mostra un incremento dell’altezza raggiunta, ma senza significatività.

Nel DJ invece entrambi i gruppi mostrano un incremento significativo dell’altezza, mentre sui tempi di contatto solo la squadra B, che ha seguito il programma PCT45, ha ottenuto miglioramenti significativi.

Questi risultati sono abbastanza in linea con le attese, Da una parte infatti era prevedibile che il programma di forza portasse a miglioramenti nell’altezza del CMJ e del DJ nel gruppo A, così come ci si poteva attendere che la Squadra B mostrasse miglioramenti significativi sia nell’altezza che nei tempi di contatto del DJ. Il dato più sorprendente risulta dall’incremento, seppure non significativo, dell’altezza del CMJ nella squadra B, nonostante non sia stato svolto un programma diretto al miglioramento del Vertical Jump.

Questa suggestione conferma che un allenamento della stiffness potrebbe indirettamente influenzare in modo positivo anche la performance della forza esplosivo-elastica, anche se questa ipotesi meriterebbe un apposito approfondimento, data la non significatività dell’incremento tra pre e post test.

Nei test con passo accostato e passo incrociato la Squadra B ha ottenuto variazioni significative su tutte le variabili misurate: altezza del salto (PA p<0,001, PI p<0,0002), tempo di contatto del piede perno (PA p<0,006, PI p<0,001) e tempo di contatto del piede puntello (PA p<0,002, PI p<0,0002). I ragazzi quindi raggiungevano altezze più alte e compivano il gesto in un tempo inferiore, aspetti fondamentali del gioco, rispetto a quanto facessero prima di sottoporsi al protocollo PCT45. Questo grazie alla maggior specificità dell’allenamento che interessava aspetti di reattività e coordinazione.

Questo non avviene nella gruppo di controllo, che presenta miglioramenti significativi soltanto nell’altezza del salto del test con passo incrociato.

Sui tempi di contatto, quindi nella velocità di esecuzione del gesto, la differenza è enorme: per la Squadra B si raggiungono miglioramenti del 15%, mentre per la Squadra A in alcuni casi si va incontro addirittura ad un aumento dei tempi di contatto.

I dati ottenuti risultano in accordo con studi fatti da altri autori in precedenza e che sono riassunti nella Tabella 8.

Per quanto riguarda gli angoli articolari del ginocchio è necessario approfondire alcuni aspetti di questa analisi.

Inizialmente si pensava che il PCT45 dovesse portare, oltre che a un miglioramento delle prestazioni, anche ad una diminuzione del massimo caricamento. Questo si è verificato in parte: per tutti i test la media della Squadra B relativa all’angolo di massimo caricamento si è alzata (cioè l’angolo rimaneva più aperto, perché l’atleta si piegava meno), ma questa modificazione è risultata significativa solo nel CMJ, l’unico test in cui non c’è stato un miglioramento significativo dell’altezza. Questo minor caricamento sul ginocchio, abbinato però comunque ad un miglioramento generale della prestazione di salto, potrebbe fare pensare ad un incremento della velocità di

esecuzione del gesto, che troverebbe conferma nella velocizzazione della performance dei salti specifici, che risulta un obiettivo primario per ottimizzare l’efficacia del muro.

Inoltre questa riduzione del caricamento dell’angolo al ginocchio può essere considerato un fattore positivo anche per altri due motivi: da un lato significa che i giocatori, involontariamente, utilizzavano più efficacemente la spinta reattiva del piede a terra; dall’altro lato un minor caricamento sugli arti inferiori dovrebbe portare a una riduzione dei carichi sull’articolazione del ginocchio e, conseguentemente, ad una diminuzione della possibilità di predisporsi ad un infortunio.

CONCLUSIONI

Da questo studio non si può, e non si deve, decidere che l’allenamento della forza possa essere sostituito dal PCT45 perchè non era questo l’obiettivo.

Sicuramente i due allenamenti non sono equivalenti come dimostrato dalla diversità dei risultati ottenuti, ma piuttosto i risultati di questa tesi dovrebbero incoraggiare gli allenatori delle squadre di pallavolo ad integrare i due metodi, uscendo un po’ dai soliti schemi. Risulterebbe pertanto importante introdurre nella normale routine di allenamento del pallavolista il protocollo di lavoro sviluppato per questo studio senza abbandonare i lavori tecnici o di forza, in quanto è stato dimostrato come un lavoro sulla stiffness dalla durata di 20 minuti, proposto due volte alla

settimana, possa essere sufficiente per indurre adattamenti positivi sulla presta di salto specifica.

Questa metodologia può risultare utile soprattutto per il settore giovanile dove magari non si lavora ancora con carichi elevati sul versante della forza, e il PCT45 offre l’opportunità di allenare alcune componenti della forza, ma anche indurre modificazioni sul versante coordinativo, ampliando il bagaglio motorio dei giovani, che si trovano negli anni migliori per sviluppare queste capacità.

Limiti dello studio

In questo studio sono presenti sicuramente limiti legati alla strumentazione utilizzata. Si potevano infatti effettuare almeno 3 misurazioni in più: tramite l’utilizzo di markers per l’acquisizione tridimensionale sarebbe stato possibile ottenere dati più precisi e vari, almeno per la determinazione degli angoli di lavoro. L’utilizzo di altre telecamere avrebbe permesso di valutare anche la distanza percorsa durante i passi di rincorsa per il muro, e poter così ottenere il dato della velocità di spostamento totale, e non solo quella limitata all’esecuzione del salto; un altro limite è stata la

mancata possibilità di poter conoscere le forze in gioco durante queste azioni.

Infine il confronto è stato eseguito tra due squadre di pallavolisti maschi di pari età e livello, ma potrebbe essere esteso anche ad altre categorie.

Sviluppi futuri

Come detto sopra, si potrebbero superare i limiti strumentali che si sono presentati in questo studio tramite l’utilizzo di pedane di forza e accelerometri, ottenendo così i dati dinamici che mancano a questo studio. Con la dotazione di qualche telecamera in più, invece, si potranno ottenere dati cinematici più ricchi e precisi.

Uno sviluppo interessante sarebbe proporre il PCT45 ad altri gruppi di diversa età, sesso, e livello, per verificare se i miglioramenti ottenuti siano validi anche per altre categorie di soggetti. In ultimo, si potrebbe osservare, intervenendo in altri momenti della stagione, quanto questi miglioramenti delle prestazioni incidano effettivamente sul gioco della squadra.

 

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